Allarme sanità, jonio isolato

 

Ospedale di Rossano  Il rischio di perdere in prospettiva lo spoke (venuto meno il requisito minimo dei 150mila abitanti) ed essere retrocessi ad ospedale di base, la violazione dei livelli minimi di assistenza, la mancanza di posti letto, la drastica riduzione di personale, l’emergenza nel caos, l’affermazione graduale e costante del privato a dispetto del pubblico, l’incremento della mobilità passiva. Insomma la sanità a queste latitudini equivale a un disastro! A tutto ciò vi è da aggiungere la grave incertezza che impera sulla realizzazione del nuovo ospedale, in virtù del quale la Sibaritide ha pagato e continua a pagare un alto prezzo, uno su tutti: la soppressione degli ospedali di Cariati e Trebisacce. Nei prossimi giorni s’ipotizza un ritorno in piazza, unico luogo democratico rimasto in vita nella speranza che chi di dovere accoglierà le istanze dei cittadini. In sostanza ciò che si chiede è l’applicazione del diritto alla salute, in un territorio in cui ormai anche la sanità pubblica costa. Ci si chiede come sia possibile che un’anziana giunga in pronto soccorso in codice rosso o giù di li e stia su una barella in astanteria per oltre due giorni nella speranza che la paziente non muoia e tutto questo perché tra Corigliano e Rossano non vi sono posti disponibili, per poi al terzo giorno trovarlo in Puglia con tanto di disagio, anche economico,  per le famiglie coinvolte e di sperpero di denaro pubblico per la Regione poiché s’incrementa la mobilità passiva? Questa è la sanità che siamo riusciti a costruire? Appare scontato che attorno alla precarietà diffusa vi sia poi chi vi specula: è quasi come regalare ai privati una vasta porzione di mercato. Un po’ come avviene nel settore dei trasporti nel rapporto Trenitalia/ traffico su gomma. Nella diagnostica è così, ne parlammo in un precedente editoriale: per una Tac o risonanza magnetica, per prelievi o altro, le strutture private riescono a dare risposte efficienti e nei tempi dovuti, il pubblico cronicamente arranca con gravi danni alle casse e all’erario regionale. L’intera fascia jonica, inoltre, è sprovvista dell’emodinamica le cui tecniche diagnostiche e terapeutiche intervengono nell’immediatezza sull’apparato cardiovascolare. Si tratta di un esame indispensabile per prevenire l’infarto cardiaco. In base al rapporto con il numero di abitanti, nell’intera Calabria vi sono quattro postazioni di emodinamica nelle strutture pubbliche (ospedali Hub): una a Cosenza, una a Reggio Calabria e due a Catanzaro (Policlinico Germaneto e Sant’Anna). Vi è poi un’ulteriore postazione a Belvedere Marittimo (clinica privata) e un servizio ambulatoriale e diurno a Castrovillari. La dislocazione lascia ben comprendere come l’intero comprensorio jonico sia del tutto sguarnito per quel che riguarda l’emergenza, anche in relazione ai tempi di percorrenza non essendo, tra l’altro, attiva l’abilitazione notturna dell’elisoccorso.

IL PERSONALE SANITARIO STIA IN “CAMPANA”… TEMPI DURI

Da questo punto di vista deve stare in “campana” anche il personale sanitario che, arroccato sul principio dell’inamovibilità del “posto pubblico”  si sente garantito dalla certezza dello stipendio a prescindere dai criteri di produttività. Quel che si fa fatica a comprendere, è che se si continua di questo passo saranno a rischio anche quei salari, e qualche segnale è già giunto! D’altronde la scure della razionalizzazione ha colpito tutto e tutti, ora non è rimasto altro che colpire gli stipendi. Non si vuole creare allarmismo nei dipendenti della pubblica amministrazione ma di certo la prossima manifestazione di protesta dovrà vedere costoro protagonisti in prima linea,  in piazza, insieme a sindacati, partiti, movimenti e cittadini. Non c’è altra via d’uscita. In tutto questo ragionamento poco importa il livello di responsabilità, se del commissario Scura o se del governo regionale, i contribuenti guardano i fatti. E la realtà è che il pubblico fa acqua da tutte le parti.

AI SINDACI IL COMPITO DI DECIDERE
Ma se da un lato vi sono delle responsabilità in capo al governo regionale o nazionale (è in atto uno sciocco scarica barile), dall’altro qualche traccia di corresponsabilità si rinviene nella politica locale, troppo invischiata nelle logiche di campanile. Come nel caso dei presidi di Corigliano e di Rossano: una classe politica autorevole deve saper decidere. Oggi, tra piano di rientro e costi esorbitanti derivanti dalla gestione sanitaria, non è più possibile mantenere in vita ospedali con reparti fotocopia a pochi chilometri gli uni dagli altri. Occorre quindi fare delle scelte: il piano Scura prevede l’area chirurgica a Rossano e l’area medica a Corigliano, mentre la lungodegenza ad Acri. Cosa fare in attesa della realizzazione del nuovo ospedale (se mai si farà)? Occorre decidere e presto. Si chiama coraggio delle scelte, non perdendo di vista l’oggettività delle questioni. L’emergenza d’altronde, per un mero dato di ragionevolezza e buon senso non può essere allocata su un cucuzzolo (ospedale di Corigliano) senza una pista d’atterraggio per l’elisoccorso. La maggior parte degli incidenti avviene sulla 106 jonica: spesso si perde tempo, che in certi casi può valere una vita, per la complessità del tragitto. E’ bene dunque trasferire a Corigliano la cosiddetta area fredda, e l’area calda a Rossano. Così come si rivela sempre più necessario, considerata l’attuale precarietà, rivendicare una piattaforma di elisoccorso omologata al Porto di Corigliano (consente i voli notturni). Ai sindaci dunque il compito di fare quadrato attorno a questi temi, ai quali va detto di meglio utilizzare lo strumento della conferenza dei sindaci alla quale è demandato il potere di indirizzo e di controllo. Un ruolo praticamente perso dopo la soppressione delle vecchie ASL.

Matteo Lauria

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