Care nonne, cari nonni,
rivolgo questa mia all’indirizzo dei vostri occhi stanchi, così pieni di mondo, così pieni di storia, di vissuto da raccontare o di ricordi spenti. Lo faccio perché sento che la storia, ora, ha bisogno di essere riletta, come farebbe Pascoli, con l’inversione del cannocchiale, come i fanciullini: c’è bisogno che i fatti grandi ci appaiano più piccoli e che quelli piccoli, più essenziali, risplendano in forma titanica e dettino le sillabe di un nuovo alfabeto, musicale, intonato sulle modulazioni di una ninna nanna, quella che spesso avete cantato ai vostri nipoti così tante volte, per timore che potessero dimenticarne la melodia da adulti.
Il tempo che stiamo vivendo sembra averci congelato in una sorta di aporia cioè nell’incertezza della difficoltà del cambiamento e questo ha determinato uno smarrimento diffuso e una incapacità di rileggere gli eventi con coraggio, con quello stesso coraggio che ha sorretto, per molti di voi, il racconto di guerre e di storie che agli occhi dei più giovani appartenevano solo ai libri. Abbiamo accumulato un debito nei vostri confronti e la pandemia da Covid-19 ce lo ha ricordato nel momento in cui, chiusi nella vostra solitudine, nelle vostre assenze, vi siete ritrovati a fronteggiare un’altra ennesima battaglia, spesso, con nessuno vicino a cui raccontarla.
I sogni, la memoria, la preghiera, sono questi i tre elementi unitari che Papa Francesco ha ricercato per scavare un solco nel presente e per istituire la Prima Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani. Non è un caso che questa ricorrenza si innesti nel pieno di una emergenza mondiale che, per le nuove generazioni, è senza precedenti; non è un caso che si festeggi alla vigilia della festa dei Santi Anna e Gioacchino (nonni di Gesù) perché servirà a ricordarci che la storia si ripete sempre almeno due volte ma questa volta non ha retto la tragedia e non reggerà la farsa.
Pensando a voi, ai nonni, mi è venuto in mente il bellissimo gruppo scultoreo di Gian Lorenzo Bernini, Enea, Anchise, Ascanio, ripreso dal racconto di Virgilio in cui si narra della fuga di Enea da Troia in fiamme. L’eroe virgiliano porta sulle spalle il padre paralizzato e stringe la mano del piccolo Ascanio, sospesi in un instante che non è ancora passato (e quindi memoria) e non è già futuro (e quindi attesa) ma è, per dirla con S. Agostino, la visione, la distensione dell’anima umana, un presente che ingombra ma che non dimentica e non smette di sognare, un presente che è l’oggi e l’oggi cos’è? Eckhart direbbe: “È l’eternità”.
“Su, dunque, diletto padre, salimi sul collo; ti sosterrò con le spalle e il peso non mi sarà grave; dovunque cadranno le sorti, uno e comune sarà il pericolo, una per ambedue la salvezza” (Eneide, I libro).
È in questo soccorrere il padre anziano e malato che si sviscera la particolarità di Enea, l’uomo della pietas, termine quest’ultimo che la modernità tende a ridurre alla commiserazione con una accezione quasi negativa.
La pietas è il dovere senza obbligo, devozione senza sentimentalismo, è cura, tenerezza, giustizia e clemenza. La metafora di portare il padre malato sulle spalle diventa la possibilità di farsi carico del peso del mondo, diventa quella prefigurazione amorosa che spinge il Samaritano a reggere la croce di Gesù.
Cari nonni, care nonne,
scusateci se quella vostra croce ci è sembrata sempre troppo ingombrante e legnosa, troppo antica, tanto da indurre molti di noi a non tollerarne il peso, la fatica e la grandezza che voi avete vissuto sempre con grazia e coraggio, diventando i custodi delle nostre radici, il legame più vero e profondo con il nostro passato, la saggezza dolce della cura e l’attesa instancabile della memoria. E non vi siete stancati mai, proprio come non si arrese mai all’attesa Gioacchino che, all’idea di non poter avere un figlio, si nascose nel deserto e lì arrivò l’annuncio di un angelo a dirgli che Maria, l’amata dal Signore, avrebbe inondato di gioia la sua vita e quella di sua moglie Anna.
Ecco, ai nonni, alle nonne, agli anziani tutti dico questo: recuperiamo la fiducia nell’esempio di questi Santi, facciamoci influenzare dalla loro vita, rendiamoli i veri testimoni della grazia di Dio. Non sentitevi mai dimenticati, perché lì dove mancherà la presenza di un familiare, lì ci sarà Gesù a sorreggervi con le sue spalle, a porgervi la sua pietas, scolpita nel palmo delle vostre mani che hanno saggiato la storia, l’hanno scritta, l’hanno raccontata.
Vorrei, in ultimo, regalare una carezza alle inflessioni del vostro sorriso, lì dove nascondete il dolore nei solchi delle rughe, rendendo l’essenziale invisibile agli occhi.
Tutti voi siete l’essenziale della storia, l’eternità del presente che è passato e si fa futuro, tutti voi siete l’insostituibile al cuore di Dio.
Auguri !
✠ Francesco Savino
Vescovo di Cassano all’Jonio