Una miscela di sensazioni avvolge le singole coscienze in questo bilancio di fine anno, caratterizzato da un alone di tristezza derivante da una interminabile pandemia che continua a portare via persone colpite dal virus.
Si convive con l’incertezza e il sistema scientifico dimostra vulnerabilità, il che dovrebbe aprire le porte sin dall’immediato futuro all’idea di investire sulla ricerca. In Italia il dibattito mediatico presenta forme di degenerazione e lo Stato dovrebbe darsi una regolata nel comunicare le notizie e le informazioni utili, necessarie al cittadino. Tutto si è trasformato in una baraonda, con versioni a volte anche discordanti tra parlamentari, sottosegretari, vice ministri, ministri e primo ministro. Occorre maggiore decoro comportamentale e più senso di responsabilità. Basterebbe individuare le figure preposte e ogni settimana fornire ai cittadini le corrette informazioni su come porsi e affrontare il virus. E invece è diventata una giostra nei talk, ognuno s’inventa virologo o infettivologo, ciascuno ha delle ricette su come risolvere il problema, anche chi è lontano da studi medico-scientifici. Siamo all’assurdo! E più si parla a vanvera tanto più aumenta l’incertezza. E mentre il popolo degli “esperti” aumenta, si presenta la quarta ondata con i numeri che sono sotto gli occhi di tutti. Basterebbe solo quest’ultima osservazione per invitare i tanti “non abilitati” a tacere una volta per tutte. Il dramma è che oggi bisogna fare i conti con i dati auditel, con lo share, con i like, e quindi la categoria degli urlatori è destinata ad aumentare. Si, perché oggi, lo dico con grande rammarico, il pubblico è sempre più attratto dagli scontri, dallo scandalismo, dalle frasi a effetto, dai personalismi, da offese e contumelie. Ed è evidente che la responsabilità poi ricade su tutti noi se non riusciamo a rimanere attratti da contenuti di approfondimento o capacità riflessiva. Ed è ovvio che a questo spaccato si unisce la volgarità, la perdita di valori, e la conseguente espressione di una società liquida.
LA CALABRIA E LA RISSOSITÀ
Le Calabrie! Siamo bravi a farci del male. Che peccato assistere alla graduale fuga di concittadini le cui intelligenze e professionalità aiutano ad arricchire altre realtà del Nord e del mondo. Siamo un popolo litigioso, rissoso, amante dell’individualismo e pronto a dividersi per un piatto di lenticchie nella consapevolezza che potremmo avere il caviale. Scontri tra partiti, tra capoluoghi, tra aree marginali e poteri centralisti. Eppure abbiamo una natura invidiata dal mondo: due mari, colline, montagne, che consentono una pluralità di turismi. Ne siamo tutti consapevoli, ma continuiamo a pensare all’IO e non all’insieme. Abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale che attinga dall’umiltà dei comportamenti. Dobbiamo disancorarci dalla pessima abitudine di rimanere legati alle proprie idee e ci si indigna o si va allo scontro se le stesse non vengono prese in considerazione o non trovano attuazione. Ognuno è libero di esprimere un punto di vista che rimane circoscritto alle proprie esperienze. Se un’idea va in porto meglio, altrimenti bisogna accettare che esistono anche gli altri. Basta con la presunzione e l’arroganza! E se proprio vogliamo che le nostre idee debbano trovare attuazione ci si candida, ci si misura con l’elettorato, si viene eletti ed allora si può decidere e portare avanti le tesi tanto amate (sistema elettorale permettendo). Questa si chiama DEMOCRAZIA. Si ha invece la sensazione, talvolta, che debbano decidere soggetti terzi, non eletti, che si misurano solo con se stessi, ma che hanno l’ardire di voler decidere al posto di chi è chiamato ad assumersi le responsabilità di governare, anche perché pagato dai cittadini. Giusto il diritto di critica, la libertà di espressione e di pensiero, ma da qui a supplire gli organi democraticamente eletti è come sovvertire il sistema democratico.
LA LOTTA AL COVID
Un ringraziamento va rivolto a quanti, tra mille difficoltà derivanti anche dall’inesperienza, si adoperano nella lotta al virus. Dal personale ospedaliero al territorio, dall’emergenza/urgenza a chi si impegna nel settore delle vaccinazioni. Oggi il virus non si controlla. C’è chi si è infettato nonostante la somministrazione della terza dose (anche se in maniera meno aggressiva). I limiti sono tanti, lo sappiamo, e certe situazioni sono state sempre e puntualmente denunciate. Ma il personale sanitario è da tutelare in tutte le sue forme. Diventa sempre più difficile operare in un territorio che deve fare i conti con gli interessi economici, piazzare gli amici degli amici, affidare incarichi e prebende perché magari ci sono da soddisfare cambiali elettorali. È tutto un problema di mentalità. Nel frattempo, però, c’è chi lavora seriamente, quotidianamente, e queste persone sono da sostenere.
CORIGLIANO ROSSANO E LA FUSIONE
Abbiamo fatto Corigliano-Rossano, ora dobbiamo fare i corissanesi. Si, questo è il grande obiettivo. Dobbiamo lavorare sulla creazione di una terza identità che preservi le esistenti, simboli di ricchezza culturale e patrimoniale. Sono sempre stato convinto che sarebbe stato un percorso difficile, conoscendo uomini e donne, usi e costumi, mentalità e rissosità. Non mi stupisce nulla di quanto sta avvenendo. Auspicavo un maggiore senso responsabilità in considerazione dell’epoca storica che stiamo vivendo. L’aridità del potere, i personalismi, le rivendicazioni personali, il carrierismo, il sentirsi ognuno più bravo dell’altro, tutto questo sta rendendo misero il dibattito politico incentrato su posizioni di autoreferenzialità e poco sulla realtà dei fatti. Anche il cittadino dovrebbe scrollarsi di dosso l’idea di far parte di comunità diverse e, in questo, l’amministrazione comunale latita nel non attivare una vera campagna di sensibilizzazione protesa a creare la terza identità. È vero, i problemi dell’ordinario sono tanti e vanno affrontati, ma ciò non giustifica la mancanza di politiche attente ai processi culturali in questa fase delicata in cui la sensibilità delle azioni è particolarmente alta. Si grida allo scandalo su ogni minima cosa, dall’affidamento di incarichi all’adesione a partiti o altro, e non si pone il vero problema della sudditanza politico-istituzionale di una città che oggi è la terza della Calabria nei rapporti di forza con i capoluoghi storici e con il centralismo che colloca in un ruolo marginale, come è sempre stato, non solo Corigliano-Rossano ma l’intera Sibaritide. Potremo avere una 106 a 4, 8, 10 corsie, ma resta il dato che sullo Jonio non sono gli jonici a decidere. E quando arriva qualcosa sono solo ed esclusivamente avanzi. Auspico per il 2022 un ritorno alla semplicità dei rapporti, all’umiltà dei saperi, a relazioni improntate sulla fiducia e sul rispetto tra individui, tra gruppi, tra aggregazioni civiche, sindacali e imprenditoriali. Che sia prevalente l’interesse generale, spesso sacrificato a beneficio di singoli, i cui effetti hanno determinato, di fatto, un impoverimento generalizzato. La politica protesa a favorire singoli gruppi di potere produce povertà di massa, lo dicono le statistiche e i grandi numeri. Auguri a Voi tutti lettori di I&C.
MATTEO LAURIA – DIRETTORE I&C