di MARTINA FORCINITI
La società dei consumi ha bisogno di scoprire un’altra via. E in un’area che sogna il guizzo del riscatto e la centralità nel contesto provinciale, gli investimenti sul futuro potrebbero obbedire a logiche e proposte politiche che rompano con il passato. Che siano innovative. Fare turismo abbattendo le spese degli ospiti e puntando sulle masse è un progetto strategico che altrove fa scuola. Come a Madrid dove le birre piccole sono vendute al prezzo di un euro, con buona pace delle privazioni e per la gioia dei commercianti di Puerta del Sol.
La gente, complice la sempiterna crisi, ha pochi soldi da spendere ma mille abitudini che cambiano. E sebbene resistano quelli che, pur di dare sfogo ai loro legittimi desideri, sarebbero pronti a sborsare bei quattrini, il costo della vita è piuttosto alto perché tutti possano cedere alle tentazioni a cuor leggero.
Ok, il prezzo è (in)giusto, si dirà. Perché sullo scacchiere della crescita di un’area come la nostra, il cui futuro è legato a doppio nodo alla corsa del turismo, l’intercettazione dei flussi attraverso politiche di prezzo più accessibili diventa una pedina fondamentale. Insieme a un’adeguata mobilità, se è vero come lo è che lo sviluppo è direttamente proporzionale all’accessibilità dei luoghi. E se garantire collegamenti efficienti, allo stato attuale, è come stanare un bel terno al lotto, la valorizzazione del territorio deve necessariamente passare da quell’abbinata vincente che associa la seduzione dei nostri paesaggi a un’enogastronomia senza confronti. I nostri sapori e le nostre filiere sono straordinari, ma la sfida della competitività risiede nella capacità di offrire soluzioni coerenti con le esigenze locali, abbattendo decisamente i costi. E se la Sibaritide è certamente una delle aree più attrattive della Calabria, il passo per una strategia che la incoroni anche capitale dell’innovazione potrebbe essere breve. Tutto sta nell’abbinare la qualità a una buona dose di quantità senza incidere pesantemente sui costi complessivi. D’altra parte, la scelta di essere “popolari” nel settore enogastronomico ha dimostrato più volte la sua efficacia nella misura in cui quei locali disposti a offrire la possibilità di mangiare buon cibo a prezzi ragionevoli fanno quotidianamente il tutto esaurito. Che, poi, basti gettare un occhio a Groupon, Groupalia e affini (siti specializzati nella vendita di voucher che permettono di gustare ottimi piatti con risparmi reali): puntando sugli acquisti di gruppo che fanno leva sui volumi, hanno rivoluzionato il business delle vendite. Quantità, per l’appunto, che non necessariamente annulla la qualità.
Gli esperti lo chiamano marketing vincente, non solo per il cliente le cui papille gustative cantano a portafoglio pieno, ma anche per gestori e ristoratori che possono cogliere al balzo la possibilità di farsi conoscere da nuovi avventori con la speranza di fidelizzarli. E qui entra in gioco il chilometro zero, che eleva la qualità dei pasti, rilancia l’economia locale e incontra l’attenzione di quel parterre di giovani che, anche nella movida notturna, ricerca circuiti enogastronomici d’eccezione. Magari calati in quegli innovativi contesti che a percorsi degustativi e show cooking associano musica e intrattenimento. Certo un bel modo per mordere la crisi, ma non la socialità, la convivialità e la professionalità dei nostri imprenditori.