Da quando è scomparsa la democrazia Cristiana i vari partiti che si ispiravano ad essa, non hanno trovato una casa comune, dando vita a movimenti nostalgici che hanno raggiunto percentuali – mai – vicine a quelle della ex DC. Spesso questi partiti sono stati visti come un taxi, sul quale salire e poi scendere secondo le proprie convenienze politiche, anche se sono emerse figure che hanno ottenuto e hanno grossi incarichi, anche di governo, però fini a sè stessi. Dalla storia del voto in Italia, si evince che sia a livello locale che nazionale, esiste una percentuale significativa di centristi, che scelgono di volta in volta tra conservatori o progressisti. Per tale motivo, negli anni, vari sono stati i tentativi di far rivivere i fasti del passato; attualmente la questione sta avendo nuova linfa poichè si discute del ritorno a una normativa elettorale proporzionale, che potrebbe ovviamente aiuatre un’area centrale, ossia il cosiddetto campo largo dove convergere, per cercare – anche – di evitare una campagna elettorale perenne, che guarda, spesso, al contingente.
Le recenti – seppur parziali – elezioni amministrative hanno visto la presenza di formazioni politiche che si richiamavano a questa area, che per esempio a Catanzaro ha avuto una performance di tutto rispetto (circa il 14%).
Ma anche negli altri capoluoghi dove si è votato, le percentuali possono dirsi soddisfacenti.
I Movimenti che si richiamerebbero a questa area, potrebbero beneficiare, di una nuova legge elettorale, che li renderebbe determinanti ed esenziali per la governabilità, poiché come è notorio l’attuale legge prevede la divisione dei seggi per il 65% al proporzionale e per il 35% al maggioritario; con il taglio dei parlamentari a 400 deputati e a 200 senatori favorirebbe il compattamento del centrodestra e del centrosinistra., ma che porterebbe alla stessa ingovernabilità degli ultimi anni, se non con un rassemblement di tutti e di chiunque (tranne la pochissima opposizione).
Ma quali poli sono reali attualmente?
Sulla spinta al proporzionale puro si stanno spendendo vari partiti; magari con una importante soglia minima per ottenere rappresentanza negli scanni che contano. I sondaggisti, già testano la probabile nuova (e vecchia) area, che pare possa avere il gradimento di una parte – non da sottovalutare – dei potenziali elettori.Ma tra il probabile e i voti effettivi, c’è di mezzo il mare magnum delle elezioni e della campagna elettorale, che sarebbe molto ardua se non si individua un leader riconoscibile e riconosciuto che al momento manca.
Ma la nuova area di centro sarebbe un bene o un male per l’Italia?
Cioè la nascita di un polo moderato, potrebbe aumentare le chance di un equilibrio tra le varie posizioni, tendendo alla governabilità e non alle azioni di chi vuole marcare la distinzione tra le posizioni di destra e sinistra?
Risposta difficile, che si lascia agli elettori; ma consideriamo una problematica attuale: quale quella del salario minimo garantito.
Premesso che il male da sconfiggere è l’incertezza, sia essa politica, di governo o finanziaria e dei relativi mercati, nella situazione post Covid e i suoi strascichi, e con una guerra quasi alle porte in atto, un’inflazione che galoppa con aumento dello spread; è opportuno utilizzare le proprie energie in un dibattito per creare una norma che dovrebbe sostituire il reddito di cittadinanza?
Ogni discussione, dovrebbe avere come premessa fondamentale che:
è palese che il reddito di lavoro non può essere inferiore o uguale a quest’ultimo, poiché la convenienza all’opzione – per il potenziale lavoratore – non ci sarebbe, con le conseguenze che qualche imprenditore già lamenta. In Italia esistono i contratti collettivi nazionali erga omnes, e un salario minimo di fatto che è il reddito di cittadinanza; ma la cosa che non sembra patrimonio dei più è che il datore di lavoro in senso lato, non decide da solo come e cosa pagare; al contrario – invece – esiste una normativa ben precisa, anche se essa può variare con aggiunte soggettive.
Con una considerazione imprescindibile, ossia che la forza lavoro è impiegata in previsione del valore di un certo bene; cosicchè al momento – soltanto pochi come ad esempio la Brunello Cucinelli o la Tonno Callipo, concedono benefit importanti ovvero bonus di produttività – non previsti – ai propri dipendenti, per il raggiungimento di risultati vantaggiosi per l’azienda.In questo clima, forse è propizio il momento che si faccia spazio una forza che più che alla contrapposizione, pensi alla continuità alla azione del governo e non faccia la fine dell’asino di Buridano?
E a Corigliano/Rossano che si fa?
Avv. Luigi Fraia