Il dramma dei pazienti oncologici nella Sibaritide non si limita al problema dell’emigrazione sanitaria, ma sconfina per la parte terapeutica nei disagi quando si tratta di effettuare trattamenti chemioterapici in zona. Il tunnel della malattia è aggravato dalle difficoltà che la sanità locale provoca su chi è già afflitto non solo psicologicamente ma anche dai viaggi della speranza che è costretto ad effettuare prevalentemente nelle strutture del centronord, con gravi ripercussioni anche sulle casse regionali. In queste ore un paziente, colpito da più neoplasie, si è rivolto al presidente della Regione Calabria, nonché commissario straordinario, Roberto Occhiuto al quale chiede un intervento immediato per la soluzione di attività ordinarie nell’ambulatorio dello spoke di Corigliano Rossano e nella Divisione di Anestesia per «mancanza di personale infermieristico». In sostanza il paziente si deve recare a Castrovillari per la semplice applicazione del catetere venoso necessario per essere sottoposti a chemioterapia. L’uomo, dopo aver vissuto una esperienza tormentata tra il Gemelli di Roma, l’ospedale di Crotone, e le divisioni di Rossano e di Castrovillari, verso i cui operatori sanitari manifesta attestati di straordinaria stima professionale e di accoglienza, scrive al massimo rappresentante regionale: «A differenza di due anni fa, oggi devo lamentare alcune cose, che non dipendono dal reparto di Oncologia, ma che creano certamente notevoli disagi per noi persone fragili che già affrontiamo con molte difficoltà un percorso non certamente facile. Dovendo riprendere la terapia hanno dovuto impiantarmi un “port a cath”. Per eseguire questo piccolo intervento di routine, che fino a pochi mesi fa facevano a Rossano, mi sono dovuto recare a Castrovillari, ove ho trovato la stessa professionalità del reparto di Anestesia dello Spoke di Corigliano Rossano, ma che mi è costato il disagio di dover affrontare un viaggio, di essere accompagnato e riportato a casa».
Nella lettera rivolta al Presidente Occhiuto, il paziente richiama le ragioni del disagio: «Il motivo per cui non eseguono più questi interventi di routine a Rossano, per come ho appreso in Ospedale, è dovuto alla carenza di personale paramedico». Da qui il giusto e legittimo lamento: «Ma è possibile che noi persone fragili che viviamo le già stressanti esperienze oncologiche, dobbiamo avere e vivere lo stress di una carenza del sistema sanitario calabrese che a seconda delle aree territoriali ci vede essere cittadini di serie A e cittadini di serie B? Il disagio da me segnalato non è un caso isolato. Proprio in questi giorni una signora altrettanto fragile che fa terapia salvavita (dialisi) per impiantare il “port a cath” è stata dirottata addirittura in provincia di Salerno. Quanto tempo ancora dobbiamo aver pazienza per poter vivere una situazione di normalità?».