Pietrapaola. Commemorazione dei defunti e dei Caduti in guerra

Sentita partecipazione alla Commemorazione dei defunti e dei Caduti in guerra, la prima avvenuta nel cimitero cittadino, la seconda davanti al Monumento ai caduti, sito in Piazza Mancini, cuore del paese. Nel commemorare chi ha dato la propria vita per libertà e democrazia, pace e amore, sono stati presenti i prosecutori di questi ideali, ossia, il parroco Don Umberto Sapia, il sindaco Manuela Labonia, i Consiglieri comunali, l’Arma dei Carabinieri e la Polizia Municipale. Unitamente sono stati sensibilizzati coloro che rappresentano il futuro, gli alunni della classe terza dell’Istituto Comprensivo di Pietrapaola, accompagnati dalla dirigente scolastica Mirella Pacifico.

C’è stata una forte consapevolezza; tra le testimonianze incrollabili di una parente delle vittime, la signora Rosa, i ragazzi hanno intonato inni alla pace, declamando Gianni Rodari, Wisława Szymborska e Giuseppe Ungaretti. Nella cerimonia solenne, nel silenzio generale, risuonano forti le parole del sindaco, preoccupato per le tensioni internazionali che non devono lasciare spazio all’indifferenza: abbiamo una patria ma siamo cittadini del mondo. Allo stesso tempo ricorda: «Non tutte le guerre sono combattute con le armi. Alcune hanno come armi l’invidia, la maldicenza, la superbia, l’odio nei confronti del prossimo. Queste armi non uccidono, ma seppur in maniera differente hanno le loro vittime, i loro caduti. Ma noi possiamo combattere queste guerre. E per combatterle, noi riponiamo ogni arma, noi scegliamo l’istruzione, scegliamo l’arte, scegliamo la musica, scegliamo la cultura, scegliamo gli scambi interculturali, scegliamo la libertà e la democrazia. Scegliamo di restare uniti e amare questa terra, per questa terra, per questo popolo, per noi stessi».

Non a caso sono state presenti tutte le associazioni pietropaolesi, quali l’associazione bandistica Nicola Gorgoglione, l’associazione Warstein, l’associazione Ricchizza e il Comitato eventi, intervenendo ognuna attraverso il proprio rappresentante, rispettivamente: Longo Giuseppe, Franco Pugliese, il professore Luciano Crescente e Vincenzo Scorpiniti. Lo scopo di questa celebrazione non è solo il ricordo, ma la sempre più necessaria vicinanza di cuori e di spiriti: è urgente una rivoluzione umana. Nella Costituzione italiana è sancito un principio fondamentale: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controverse internazionali». Sul nostro cuore dovrebbe esserci scritto lo stesso, a lavoro, con i vicini, a scuola e nelle relazioni personali. Nel leggere i nomi dei caduti in guerra, si è risposto: «presente», perché sono con noi ogni volta che esercitiamo il bene, il sacrificio e il valore civile. I nostri antenati, non sono morti. A volte, i morti, siamo noi. Davanti a quel monumento che non celebra la guerra né la vittoria, ci riscopriamo tutti frangibili e umani. Cadono gli egoismi, gli interessi personali, i peccati che ci allontanano gli uni dagli altri: siamo tutti uguali. E mentre insegniamo ai ragazzi che le Guerre Mondiali ci hanno portato via zii, figli e fratelli, loro ci riportano l’innato senso di accudimento verso gli altri: il ragazzo che legge ha sulla spalla il braccio di un altro che gli fa forza per superare l’imbarazzo. L’ingenuità dell’età più bella ci restituisce la vicinanza, la vecchiaia la gentilezza: la signora Rosa piange ancora i suoi parenti ma ringrazia tutti per l’attenzione, per l’assenza di dimenticanza. 

Con una compostezza commuovente tutti si sono mossi verso il camposanto. Le preghiere sono andate ai morti quanto ai vivi, perché bisogna prendersi cura di entrambi, come dice il sacerdote, ogni giorno. La corrispondenza d’amorosi sensi di Foscolo si compie nell’intimo scambio tra gli affetti rimasti e quelli perduti; c’è chi piange e chi conforta, a turno, come buoni cristiani, si solleva chi è caduto, si cade e si viene sollevati, non solo oggi ma sempre. Con i piedi a terra e lo sguardo verso l’alto e l’altro, dopo aver celebrato il dolore della perdita e la speranza di una pace già terrena, forse questo è il momento in cui probabilmente si tende ad essere “tanto attaccati alla vita’’.

Virginia Diaco

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