Qualche giorno fa, dalle pagine de “il Quotidiano del Sud”, il procuratore di Catanzaro dott. Nicola Gratteri parlava di una classe politica calabrese arrogante e ignorante che, a differenza di quella del passato che aveva letto almeno dieci libri, oggi diventa esperta sulla pelle dei Cittadini. Parlava anche, come di un cancro difficile da estirpare, dei quadri della pubblica amministrazione calabrese che da decenni mantengono atteggiamenti di mafiosità. Il giorno dopo intervenivano nel dibattito il Presidente Oliverio e il Segretario Regionale del PD, on.le Magorno, i quali concordavano con Gratteri sulla valutazione estremamente negativa espressa nei confronti della classe dirigente regionale, ma facevano finta di non avere letto quanto Gratteri asseriva nei confronti dei politici calabresi. Mi è facile a questo punto intervenire sul progetto di legge cd “Montagna solidale”, convinto che, quasi certamente, fra i libri mancati di uno dei nostri consiglieri regionali c’è “La terra dei recinti. Perché il Sud Italia non riesce a trasformare in valore le risorse che possiede e come può farlo” di recente pubblicato da Massimiliano Capalbo per Rubbettino. Nella presentazione infatti si legge: “Un libro scritto per sfatare molti luoghi comuni e demolire pregiudizi e false credenze, che hanno impedito fino ad oggi ai giovani meridionali di progettare il proprio avvenire. L’autore, assumendosi l’onere di analizzarne senza alibi e attenuanti le ragioni, prova a rispondere alla domanda delle domande, ovvero: perché il Sud Italia non riesce a trasformare in valore le risorse che possiede? E inoltre indica una soluzione. Nessuno mai potrà salvare il Sud da se stesso. Il Sud può e deve salvarsi da solo perché ha tutte le carte in regola per farlo, ma per riuscirci deve liberarsi di alcune zavorre che ne impediscono e limitano i movimenti e l’evoluzione”. Un libro che trasuda d’amore per la Calabria, ma che denuncia con la forza della vita vissuta (Capalbo è un imprenditore turistico che ha creato nella Sila “più interna” un meraviglioso parco avventura ed eco-esperenziale che primeggia in Italia e in Europa), dell’analisi storica, dell’analisi socio-economica dell’attualità e dell’analisi delle prospettive cui si può legare lo sviluppo del Mezzogiorno, gli errori dovuti ad una politica ancora legata al più becero clientelismo, all’uso distorto delle risorse pubbliche, alla mancanza di un progetto complessivo per lo sviluppo socio-economico della Regione. Bene, anzi male, a fronte di tali letture, per la verità proposte da Capalbo ma da tanti altri, compresi prestigiosi Istituti di ricerca come Censis, Svimez, Nomisma, ci viene presentato da un solerte consigliere regionale, già prestigioso vicepresidente della provincia di Cosenza, una proposta di legge regionale dal titolo “Montagna solidale”, con la quale si pensa di impiegare circa 5.000 giovani per 4 mesi all’anno e per 5 anni, per «mettere a sistema due potenzialità della regione che sino a oggi sono state considerate soltanto due emergenze e per trasformarle subito in due occasioni di crescita e di sviluppo: la forza giovanile e il patrimonio montagna/bosco. Il progetto, continua il proponente, avrebbe benefici diretti in materia di recupero e valorizzazione del patrimonio forestale pubblico e privato e di aree di particolare interesse ambientale soggette a pericoli di dissesto, nonché benefici indiretti derivanti dal mantenimento dei giovani nei loro territori e di attivazione dei consumi nelle aree interne». Come si possa parlare di “mettere a sistema” qualcosa dalla durata definita, breve e saltuaria non è dato sapere. Quello che però sarebbe certo e che, se delle 5000 assunzioni giovanili un terzo, come potrebbe prevedersi, cadesse in provincia di Cosenza, il “nostro” si potrebbe assicurare per la prossima tornata elettorale un tesoretto di circa 8000 voti (nell’ipotesi che a ogni assunto possano far capo 4 voti di parenti o di amici) e la rielezione andrebbe a gonfie vele. Ma questo sarebbe il dato meno significativo. Infatti, che senso potrebbe avere nel 2016 riproporre esperienze fallimentari come la legge giovani, le leggi LSU e LPU e altre cose simili che sono solo riuscite a produrre precarietà durate anni e sono finite poi per andare ad ingrossare i ranghi della PA, senza alcuna ricaduta di crescita sul sistema economico calabrese? Che senso avrebbe riproporre un utilizzo dei nostri giovani che molto assomiglierebbe a quello dei forestali, che certamente tanto bene hanno fatto ai nostri territori, ma i cui numeri sono stati altrettanto certamente eccessivi negli ultimi decenni? Che senso avrebbe ancora una volta illudere i giovani calabresi che, attaccandosi all’osso dei “4mesix5anni” lanciato da quella che Capalbo chiama la “partitica”, potrebbero risolvere i loro problemi e quelli della loro cara Calabria? Che senso ha mettere di nuovo in pista migliaia di precari che, alla fine, avrebbero come unica speranza quella di intraprendere lunghe e dolorose battaglie per poi essere “stabilizzati” nella PA? La proposta è talmente arretrata, esplosivamente clientelare, culturalmente sbagliata, socio-economicamente negativa che pare non sia stata presa da altri, almeno fino ad oggi, in seria considerazione. Speriamo che sia definitivamente così e che il PD e l’on.le Magorno, originariamente “renziano” e quindi “rottamatore” degli arcaici metodi che tanto male hanno fatto alla nostra Regione non cascano nel tranello. Ma è tanto difficile dedicare un po’ di risorse alla formazione di poche centinaia di nostri giovani che possano stabilmente essere funzionali alla riscoperta, al rilancio, alla promozione e alla conservazione del nostro vasto patrimonio archeologico-storico-culturale, che tante ricadute positive potrebbe avere sul PIL regionale ??? E’ tanto difficile formare qualche centinaio di nostri giovani come guide turistiche abilitate, in una Regione che vuole fare del turismo uno dei suoi assi portanti e che, quando a Corigliano attraccano le navi da crociera, non sa come accompagnare i turisti che parlano inglese, tedesco, francese, spagnolo e adesso anche russo ??? E’ tanto difficile pensare che le poche risorse oggi disponibili potrebbero essere meglio utilizzate in progetti e in opere di conservazione del suolo all’interno dei quali i giovani, opportunamente qualificati sia scolasticamente che professionalmente, potrebbero trovare lavoro economicamente sostenibile e socialmente giustificato ??? Due ultime osservazioni. Ma in una Regione che, abbandonato il sogno dell’industria coltivato negli anni 60/80, deve puntare, come indistintamente tutti dicono, sul turismo e sull’agricoltura di qualità, i Consiglieri regionali, più che pensare ad iniziative bislacche, non dovrebbero rivendicare con forza e all’unisono la nomina dell’Assessore al Turismo e dell’Assessore all’Agricoltura??? E infine. Ma è possibile che nessun Consigliere regionale si è scandalizzato del fatto che nella pubblicazione dal titolo «Il Mezzogiorno che esporta. Storie di aziende che conquistano i mercati internazionali. Edizione 2016» che il CORRIERE DEL MEZZOGIORNO ha distribuito, anche in collaborazione con “Gazzetta del Sud”, gratuitamente nelle edicole giorni fa e che raccoglie le testimoniante di ben 50 aziende giovani e di grande successo, ce ne siano 30 campane, 10 pugliesi, 9 siciliane e … una sola calabrese??? Nessuno si chiede se sia vero che questo è il peso della Calabria all’interno del Mezzogiorno e, se così non è, nessuno si premura di smentire, integrare, rivedere per restituire una migliore e più veritiera immagine della nostra Regione? Perplessità e interrogativi vengono posti per aiutare, nei limiti del possibile, a cambiare registro.
Francesco Rizzo
Iscritto PD del Circolo di Mirto Crosia