È dal 1200 che durante il periodo natalizio si allestisce il presepe che però, nei secoli, ha subito infinite evoluzioni. Fu nel 1600 che gli artisti napoletani diedero alla riproposizione della Natività una nuova connotazione, introducendo scene di vita quotidiana e nuovi personaggi. Così apparirono nel presepe le statuette delle popolane, dei venditori di frutta, dei mendicanti e via dicendo. A partire da allora, gli artigiani iniziarono a sbizzarrirsi, dando vita a figure di vario tipo fino a raggiungere l’apice nel 1700. Ed è proprio del 1796 la rappresentazione della Natività dal pittore calabrese Cristoforo Santanna nella Chiesa di Santa Maria Assunta di Longobucco, la Chiesa Matrice, che recepisce in toto queste tendenze.
L’opera porta nella Natività le tradizioni “paesane” e le scene di vita dei pastori longobucchesi con le loro usanze e i loro vestiti tradizionali, arricchendo la rappresentazione di una palpabile euforia per il grande avvenimento. In primo piano un ragazzo e una ragazza ballano la tarantella e questa scena dà immediatamente l’idea della festa ed è assolutamente originale perché non si ha ricordo di raffigurazioni di balli nei presepi.
Inoltre, un uomo suona la zampogna mentre una donna con una cesta, che sta tornando a casa, resta stupita del Bambinello e della festa che c’è intorno. Tutti i personaggi vestono alla calabrese: il ragazzo col camiciotto ha ai piedi le tipiche “calandreddǝ” mentre la ragazza sopra il vestito porta il grembiule, il classico “sinalǝ”, per non sporcarsi l’abito durante i lavori. Il cane ha un collare chiodato per difendersi dagli attacchi dei lupi e l’agnello non ha l’aspetto della classica offerta sacrificale ma si gira intorno come uno spettatore che si chiede cosa stia succedendo. Un altro uomo in ginocchio col braccio destro si appoggia a un bastone e col sinistro porta un “panaro”, un cestino, dentro il quale forse ci sono come doni una ricotta fresca, un caciocavallo o un pezzo di pecorino.
Ma è tutta l’atmosfera che si respira in questo grande dipinto che è diversa dalle solite Natività. Normalmente si vedono scene di pastori che hanno ascoltato l’annuncio dell’Angelo e seri si sono messi in cammino verso la capanna portando i doni. Spesso sui loro volti si legge la consapevolezza della solennità dell’evento, la stanchezza per il viaggio e l’ansia di arrivare alla capanna e raggiungere così la Sacra Famiglia.
Nella Natività di Longobucco c’è invece una umanità povera, come lo erano i pastori, ma ricca di allegria per la nascita di Cristo e di felicità per essere stati tra i primi spettatori di questo evento.
La Natività longobucchese di Santanna, per le peculiarità prima dette, è anche diversa da quelle realizzata dallo stesso artista per altre chiese dove ha riprodotto scene più classiche, più in linea con i canoni normalmente utilizzati per queste rappresentazioni.
E la particolarità e l’originalità del lavoro fatto a Longobucco dal Santanna sono confermate anche dalla sua seconda opera presente nella Chiesa Matrice: l’Adorazione dei Magi.
In questo caso il legame col territorio è dato dal posizionamento in primo piano del dipinto di un basto d’asino, tipico oggetto della realtà contadina di un tempo. I Magi erano dei re e di sicuro avevano cavalcature sellate nel migliore dei modi e perciò non usavano i basti, i pastori arrivavano a piedi e quindi come non collegare la presenza del basto nel quadro alla realtà territoriale longobucchese?
Cristoforo Santanna, nato a Marano Marchesato nel 1735 e vissuto a Rende, fu un pittore dotato di grandi capacità artistiche e da una spiccata duttilità. Era noto con l’appellativo de “il fa presto calabrese” in quanto in grado di soddisfare velocemente, anche con il ricorso ad un’operosa bottega, le esigenze di un mercato devozionale assai vivace. Perciò in quasi trent’anni di attività venne impiegato in numerosi lavori e fu molto ricercato da famiglie nobili e personalità clericali. Così la mano sicura e svelta del Santanna ci ha lasciato testimonianze pittoriche che sono tra le più intriganti del settecento calabrese.
Martino A. Rizzo
I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C (questa settimana eccezionalmente di domenica)
Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a
Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica
sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato
il romanzo Le tentazioni della
politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri
del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito
www.anticabibliotecacoriglianorossano.it Nel 2019 ha curato la pubblicazione
dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,
Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,
Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.
Da fotografo dilettante cerca di cogliere
con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio
e le sue foto sono state pubblicate anche nel volume di poesie
su Rossano Se chiudo gli occhi di Grazia Greco.