REGGIO CALABRIA «È bene chiarire, una volta per tutte, la ratio legis delle modifiche alla legge regionale 23 luglio 2003 n° 11 relativa alle “disposizioni per la bonifica e la tutela del territorio rurale. Ordinamento consorzi di bonifica”. Rammarica dover smentire quanto affermato dal presidente di Anbi Calabria, Rocco Leonetti, ma il mio intervento precedente sulla materia non è certamente né populista né fuorviante». È quanto dichiara il consigliere regionale Pasqualina Straface, autore della proposta di modifica poi approvata all’unanimità dall’Assise regionale.
«In effetti – spiega Pasqualina Straface – le modifiche apportate alla legge regionale 11/2003, non hanno una portata sostanzialmente innovativa, ma si limitano a recepire gli orientamenti giurisprudenziali in materia. Giova ricordare che già la precedente formulazione dell’articolo 23 era stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 188/2018, nella parte in cui prevedeva che il contributo consortile di bonifica, quanto alle spese relative al conseguimento dei fini istituzionali dei Consorzi, era dovuto “indipendentemente dal beneficio fondiario” invece che “in presenza del beneficio”. A ciò si aggiunga che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza della n. 8960 del 14 ottobre 1996, sancisce che, ai fini della contribuenza, gli immobili devono conseguire un incremento di valore “direttamente” riconducibile alle opere di bonifica ed alla loro manutenzione».
«Quanto alla norma di interpretazione autentica, si specifica che l’intervento dello stesso legislatore regionale volto a chiarire che le parole “immobili extragricoli” non si riferiscono alle aree urbanizzate ed edificabili che non ricevono un beneficio diretto e specifico, è in linea con la ratio legis della norma oggetto di interpretazione, oltre che con gli orientamenti giurisprudenziali in materia. Soprattutto, non ha carattere innovativo né, del resto, potrebbe averlo per i seguenti motivi: la norma interpretativa può essere adottata dallo stesso legislatore solo per ovviare ad una situazione di grave incertezza normativa o a forti contrasti giurisprudenziali, selezionando un significato normativo di una precedente disposizione, quella interpretata, la quale sia potenzialmente suscettibile di esprimere più significati secondo gli ordinari criteri di interpretazione della legge. In caso contrario, la stessa, nonostante l’auto-qualificazione in tal senso – conclude Pasqualina Straface – non potrebbe ritenersi di interpretazione autentica della disposizione della quale assume di chiarire la portata, sicché si tratterebbe di una previsione caratterizzata dalla novità. In questo caso, identificandosi in una legge modificativa con carattere innovativo e con efficacia retroattiva priva di adeguata giustificazione, la legge interpretativa sarebbe costituzionalmente illegittima».
COMUNICATO STAMPA