CALOVETO. E’ “La legge della fiducia. Alle radici del diritto” – edito da Laterza – l’ultima pubblicazione di Tommaso Greco, originario di Caloveto, professore ordinario di Filosofia del diritto nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa, ove è anche direttore del Centro Interdipartimentale di Bioetica. Dirige la collana “Bobbiana” dell’editore Giappichelli e la rivista di storia della filosofia del diritto “Diacronìa”.
Prossima domenica, 26 marzo, egli presenterà il suo libro presso la Libreria Aurora di Corigliano Calabro, alle ore 17.30. Dopo i saluti iniziali del Presidente Kiwanis Club Corigliano, Giovanni Mastrangelo, l’autore dialogherà con Francesco Madeo, coordinato da Giuseppe de Rosis e aperto al dibattito col pubblico.
Prima ospitato nell’auditorium IIS Palma di Corigliano Rossano, divulga un modo diverso di guardare al diritto e di pensare i nostri comportamenti giuridicamente orientati. La stesura del libro nasce infatti spontaneamente in periodo pandemico, occasione feconda per sperimentare la necessaria corrispondenza tra rispetto delle regole e responsabilità da parte di ognuno, solidarietà e cooperazione, in altre parole la fiducia reciproca.
Si poteva – e si è fatto – aggirare l’uso della mascherina perché non vi era sempre una stretta supervisione, pagando un prezzo più alto della sanzione evitata: quello delle vite. Il ragionamento – e quindi anche il comportamento – trova terreno fertile in una cultura che riduce il diritto ad una questione che riguarda giudici e avvocati, carabinieri e polizia, o comunque tutti coloro che devono applicare una punizione nelle più varie circostanze.
Tutto ciò si inquadra in quello che l’autore definisce “machiavellismo giuridico” fondante su un’antropologia negativa che vede l’uomo “assolutamente reo”, senza morale e di conseguenza, il diritto come “strumento di coercizione”. Un vero e proprio impoverimento umano.
E’ solo in questo contesto che risulta singolare l’associazione della parola ”fiducia” accanto a “diritto”. Tanto più ci si avvicina alla mera minaccia, sanzione e carcere, tanto più ci si allontana dalla radice del diritto: ciò che ci dobbiamo gli uni agli altri come comunità, il mezzo per intrattenere relazioni pacifiche preservando la vita, proprio come nel lockdown.
Da questa consapevolezza può derivare un’obbedienza “sana” e la fiducia dei cittadini verso le istituzioni e i funzionari chiamati ad applicare le regole.
Non è quindi un caso che il Professore Greco parta qui dalla scuola nella sua sfida al rinnovamento del diritto. L’uso di un linguaggio troppo distante dal quotidiano – voluto o non voluto – pieno di rimandi legislativi che solo un giurista può conoscere è una delle motivazioni che rende difficile e poco appetibile la politica.
Restituire in modo comprensibile la norma giuridica significa andare oltre a quello che la norma richiede – e cioè fare sempre qualcosa nei confronti di un altro soggetto, previsto dal “modello giuridico sfiduciario” – per cogliere quello che davvero è la norma – prevista invece dal “modello fiduciario” – e prendere sul serio il fatto che le norme servono innanzitutto ai cittadini per cooperare e svolgere la loro vita di relazione.
Si arriva quindi alla conclusione che la cultura giuridica riguarda tutti, perché tutti hanno a che fare col diritto. Nel libro la messa in discussione dei seguenti paradigmi è esplicata da un linguaggio accessibile a tutti seppur fedele alle definizioni giuridiche, perché un’altra idea della legge è possibile e deve essere possibile, anzi, è sempre esistita, da Antigone a Spinoza, fino alla critica femminista.
La “missione” di Greco risulta quindi evidente: avvicinare i più al diritto e dare loro gli strumenti per discernere quello giusto dall’ingiusto (si pensi alle legge razziali lontani dall’etica solidaristica). Il suddetto volume – diffuso in varie edizioni ed editorialmente fortunato – è risultato vincitore della 66ma edizione del Premio Nazionale Letterario Pisa nella sezione saggistica e ha avuto presentazioni accademiche ed extra accademiche.
Sono a lui pervenuti numerosi riconoscimenti ma siamo forti del fatto che l’unico che desidererebbe è quello che ci ha offerto con questo piccolo pamphlet di circa 200 pagine: tutto ciò che ci viene chiesto ci dovrebbe essere imposto dalla nostra stessa coscienza. Un diritto che ne trascura l’esistenza, umilia l’uomo. Abbiamo bisogno di rieducazione, di seconde reali possibilità – e soprattutto al Sud – di qualcuno che ci dica che “fregare l’altro”- spesso – è fregare noi stessi, perché l’altro, sono io. Siamo più di «Homo homini lupus». Grazie Professore per averlo detto.
Virginia Diaco