Il bambù è una pianta originaria delle regioni tropicali e sub-tropicali per lo più dell’Estremo Oriente ma approda anche sul nostro territorio. Parte da qui la sfida di Tiziana Falco, imprenditrice e titolare di un’azienda agricola sul territorio di Corigliano Rossano.
La dottoressa Falco in partenariato con il Dipartimento di Farmacia e Scienze della Salute e della Nutrizione dell’Università della Calabria sta svolgendo un Progetto di Ricerca che ha al centro la pianta di Bambù. Titolo della ricerca è “la messa in coltura di Phyllostachys edulis, studio di shelf-life su germogli di bambù da impiegare nell’industria food e non food”- (BAMBOO). Il progetto di ricerca è stato finanziato nell’ambito del PSR Calabria 2014-2020. Oggetto di indagine è appunto la pianta di bambù scarsamente coltivata sul territorio calabrese. Il team di ricerca è guidato da Monica Rosa Loizzo, Professore Associato di Scienze e Tecnologie Alimentari presso l’Università della Calabria. L’obiettivo è quello di individuare il più idoneo sistema di confezionamento per i germogli al fine di estenderne la shelf-life e facilitarne la commercializzazione allo stato fresco. Oggetto di analisi sono anche gli scarti della lavorazione del germoglio (foglie e guaina di rivestimento) al fine di individuare fitocomplessi, ad alto valore aggiunto e rispondenti alle esigenze del mercato dei functional food e dei nutraceutici antiobesità. Il progetto si propone, dunque, di coniugare la ricerca scientifica di base e lo sviluppo industriale, nel settore agroalimentare. I risultati della ricerca sono stati oltremodo anche oggetto di comunicazioni a convegni internazionali.
Al di là degli aspetti prettamente economici derivanti dalla commercializzazione del bambù, il progetto mira ad ad un’altra finalità altrettanto importante che riguarda il nostro ecosistema. La Dr.ssa Tiziana Falco sottolinea il ruolo fondamentale di questa pianta, infatti le foreste di bambù sono in grado di assorbire circa 5 volte l’anidride carbonica assorbita da un’equivalente foresta “classica”. Nel frattempo le stesse rilasciano nell’atmosfera circa il 35% in più di ossigeno e le grandi quantità di CO2 fissate durante il ciclo vitale della pianta eguagliano e superano le quantità di CO2 emesse durante le operazioni colturali necessarie al processo di produzione. Da tutto ciò si desume che la coltivazione del bambù può essere considerata ad impatto ambientale zero o neutro. Un’azienda agricola come quella della Falco che coltiva bambù rientra assolutamente nelle cosiddette “imprese green” previste da Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile; come a voler dire anche le piccole imprese possono fare la loro grande parte.