Passare la Porta Pia e ritrovarsi nel centro storico di Cariati. Farsi incantare dalle case in pietra, dai vicoli, dal maestoso colonnato neoclassico della Concattedrale di San Michele Arcangelo. Poi entrare nel Palazzo Chiriaci, un elegante edificio del Settecento appartenuto alla prestigiosa famiglia nobiliare omonima, e scoprire una nuova realtà, il Museo del Mare, dell’Agricoltura e delle Migrazioni (Mu.M.A.M.), dove è possibile vivere un’esperienza estetica in cui la memoria incontra le reazioni emozionali e cognitive dello spettatore, attivando il sistema complesso del piacere, frutto dell’apprezzamento del bello e del risveglio nostalgico del proprio senso di appartenenza.
Il museo etnoantropologico si sviluppa intorno a tre temi: la civiltà del mare, l’agricoltura contadina e l’emigrazione. Ma alla base di tutto c’è il grande tema del lavoro che ha consentito alla comunità di Cariati di esistere, di svilupparsi e di evolversi nel tempo. La direzione del museo è stata affidata, ufficialmente a giugno scorso, ad Assunta Scorpiniti, insegnante, scrittrice e giornalista che da trent’anni si occupa di studi etnostorici. A lei è stato dato l’incarico di progettare il percorso museale e di arricchirlo delle memorie frutto dei suoi anni di ricerca, come quelle dei suoi viaggi fatti in Germania e delle interviste realizzate nelle case degli anziani, che hanno permesso di raccogliere un pezzo importante della storia collettiva cariatese.
«Il museo custodisce, studia e ricerca il vasto patrimonio materiale e immateriale di Cariati» afferma Assunta Scorpiniti. «Ma è anche un luogo di comunità perché è diventato il polo culturale del territorio. Qui fanno riferimento le tante realtà culturali del circondario, si fanno incontri e dibattiti anche sui temi della contemporaneità, e si realizzano laboratori per adulti e bambini» ha raccontato la direttrice Scorpiniti.
Corredato di apposite teche riempite con gli oggetti più rappresentativi e di dettagliate insegne informative, il percorso museale ‒ particolarmente ricco di oggetti, storie e ricordi ‒ si sviluppa su due piani: al pianoterra nella Sala del Mare e delle culture mediterranee è possibile ammirare gli strumenti dei pescatori e dei lavoratori del mondo della pesca, come i maestri d’ascia, che portano avanti la costruzione delle imbarcazioni secondo la tradizione. Era il 1919 quando maestri amalfitani giunsero a Cariati per trasmettere l’arte millenaria della progettazione che oggi è un fiore all’occhiello nel mondo. La barca che domina al centro della sala con i colori accesi del rosso e del blu e la sua vela sono il simbolo di questo pezzo importante della cultura cariatese.
Accanto, c’è la Sala dell’Agricoltura, con la rappresentazione dei mestieri tradizionali, come quello della tessitura e dell’arte vasaia. Un antico telaio mostra i capolavori che venivano realizzati con esso: coperte, tovaglie, fazzoletti. Particolarmente colorato e curato nei dettagli è l’abito da sposa di una giovane cariatese del 1880 circa, di tipo “Pacchiana” che, con i suoi orpelli e il fiocco rosso sul petto, spicca all’interno della sala. Di tutt’altro genere è l’abito tipico della donna cariatese, di fattura semplice e con tessuti scuri: il nero e il grigio predominano su una mantellina bianca da adagiare sulle spalle nei periodi più freddi. Intorno a lei, gli strumenti usati nelle faccende di tutti i giorni: le scope di juta, l’asse lavapanni di legno, il lavatoio, le giare, le bacinelle e anche il braciere.
Al primo piano si trova l’ampia Sala Convegni, destinataria di eventi, dibattiti e incontri. La sala è stata dedicata sia alla storia della città che alle espressioni artistiche del territorio. Lungo le pareti, infatti, è possibile seguire le tappe della storia di Cariati, dalle origini fino alla seconda guerra mondiale, con cimeli risalenti all’Ottocento, e le opere di tre artisti cariatesi: Nicola Iannelli, Alfonso Caniglia e Saverio Liguori. Accanto alla sala, è presente uno spazio Biblioteca ancora in allestimento, mentre da un’altra porta si accede alla Sala delle Migrazioni: su due pareti parallele, si racconta da una parte la parabola migratoria dei cariatesi in Germania e nel Nord Italia, dall’altra, l’immigrazione internazionale con oggetti e simboli dei popoli che sono presenti a Cariati, giunti qui a partire dagli anni ’80. Salendo ancora un piano, si arriva sulla scenografica terrazza panoramica, dove, oltre alla vista sui tetti del centro storico, è possibile ammirare il campanile e la vistosa cupola della adiacente Cattedrale.
Aperto al pubblico dal 2022, il primo progetto del Museo risale al 2013 quando venne finanziato dal GAL che permise l’allestimento degli arredi e degli impianti tecnologici. Solo nel giugno del 2023, con l’attuale amministrazione, è stato istituzionalizzato e divenuto “museo civico”, corredato di un suo regolamento. Oggi si sta lavorando per entrare nella rete dei Musei della Sibaritide: è stato avviato l’iter secondo un’idea di sviluppo culturale del museo e del territorio circostante, con altri intenti ambiziosi che vanno al di là dei confini regionali.
«Già nel primo consiglio comunale si è dibattuto affinché il museo fosse istituzionalizzato» ha affermato la delegata alla Cultura Alda Montesanto «poiché in questo modo è possibile intercettare i finanziamenti giusti per poterlo arricchire e attrezzare di tutto ciò che necessita».
Il museo è in crescita costante. Il numero dei visitatori è in aumento: numerose le scolaresche, numerosi i gruppi che vengono appositamente da fuori regione, tanti i singoli turisti, anche stranieri, per i quali è possibile avere la visita guidata in inglese e in tedesco. È l’operatrice museale e traduttrice Giulia Abranca ad accompagnarli, cogliendo in ognuno di loro la meraviglia di ciò che vedono al di là di ogni aspettativa e l’interesse per le ricchezze di una terra tutta da scoprire.
Infine, un posto privilegiato in questo museo ce l’hanno le donne: in ogni sala, c’è sempre uno spazio dedicato alla spina dorsale invisibile della società, che nel silenzio ha portato avanti la famiglia insieme a tutte le mansioni lavorative tradizionali (la terra, il cucito, la vendita dei prodotti), senza dimenticare il suo ruolo nell’insegnamento, permettendo alla società del comprensorio di progredire nel tempo. Sul tavolo della sala convegni, campeggia il disegno di un artista locale: una donna islamica è intrappolata dietro sbarre di ferro, un omaggio alle donne oppresse di tutte le parti del mondo.