Una rubrica sui libri. Perché? In questo nostro tempo veloce e senza pause, rallentare è l’unica azione possibile per riappropriarci della nostra anima. E lo facciamo con Gemma, docente e grande appassionata di libri di Corigliano-Rossano, che ci aiuta con le sue letture a sgretolare qualche luogo comune del mondo culturale, raccontando in poche parole, da oggi due volte al mese circa, che cosa meriti almeno un’occhiata in libreria. Non perdiamoci i suoi consigli!
UNA VITA COME TANTE
Da certi libri, come da alcune persone e da certi momenti della vita, non si torna indietro.
Crederai di averli dimenticati, t’illuderai di averci fatto i conti, talvolta non li troverai sotto la corazza o li confonderai nel mucchio. Ma tenacemente, loro, torneranno. Dapprima come coltelli nella carne, poi come sprazzi di malinconia, infine, trascorso il tempo che serve, come meteore rivestite di dolcezza. E, forse, ti scoprirai cresciuto.
Ecco, io, circa due anni fa, letta l’ultima riga di pagina 1.091 del romanzo di Hanya Yanagihara, ho sentito che mi si era attaccato ai tessuti, quelli interni. Avevo fiutato il pericolo ancora prima di acquistarlo, ho aspettato per leggerlo, come avevo fatto per vedere Sulla mia pelle (film che racconta la vicenda di Stefano Cucchi). Ma non ci sono momenti giusti per guardare in faccia talune verità. Non si è mai pronti. Seppur resisti, si fanno spazio dentro.
Vasto come un’opera ottocentesca, brutale e attualissimo per i temi, Una vita come tante (Sellerio, 2015) cattura, nonostante le lunghe descrizioni, sin dal capitolo iniziale. Puoi metterlo in pausa, scaraventarlo sul divano, tra un pianto e l’altro, persino nasconderlo per sfuggire all’ipnosi. Come detto, tornerà.
Nell’impresa di portarlo a termine, mi piace ricordarlo, io non ero sola. Lo leggeva anche, in quei giorni, un’alunna di terza del “Cravetta-Marconi” di Savigliano (CN). Ci chiedevamo spesso dove fossimo arrivate. Io interrogavo i compagni e Camilla rimaneva china sul suo tomo, che personalizzava con dei post-it colorati a seconda delle emozioni provate. Saperci insieme nella traversata, pur con età e bagagli differenti, ci ha dato forza. Oggi Camilla frequenta l’ultimo anno, si sta preparando per l’Esame di Stato e aspetta invano, da un anno, che io le consigli una citazione del libro per potersela tatuare. Non ce ne sono, nessuna selezione di sequenze stavolta, il messaggio è racchiuso dalla prima all’ultima parola.
Le vite di tutti i personaggi, specie quelle dei quattro ex compagni di college (Willem, JB, Malcolm e Jude) a New York, sono scandagliate a fondo, “troppo”. Attorno a Jude, al suo passato e al suo futuro, si creano tensioni che oscillano dai sogni alla disperazione. Con lui geliamo tra i miasmi della crudeltà umana, con lui ci scaldiamo tra le braccia delle amicizie che salvano.
Il dolore aleggia in ogni pagina del libro, ma è incalzato dalla resilienza e dalla capacità di amare. Che non si arrendono.
Sin dal titolo, la scrittrice americana di origini asiatiche centra il bersaglio: l’esistenza di Jude, per quanto struggente, è quella di tanti. Del tuo vicino, anche se non la cogli o cerchi di evitarla, della tua fidanzata, dei tuoi alunni. La tua.
Mia sorella sostiene che questo romanzo non sia per tutti. E ha ragione, ma ho scelto ugualmente di regalarne l’essenza, inquietante e rivelatoria, a chi mi leggerà. Ciascuno potrà scegliere se scartarla oppure no (per inciso, conclusa questa recensione ho pensato, per la prima volta seriamente, che forse dovrei scriverlo anch’io il “mio” libro).
Gemma
Gemma Acri Guido è nata a Cariati e cresciuta a Rossano. Ha poi cambiato casa e paese più volte di quelle in cui si è lasciata tagliare i capelli.
Dopo qualche anno nelle scuole del Cuneese, ora insegna Lettere al Liceo artistico di Ciampino. In precedenza è stata corrispondente de “Il Quotidiano della Calabria”, editor e correttrice di bozze. Le piace mangiare (anche se non si direbbe!), andare al cinema, viaggiare e camminare. Crede che i suoi genitori l’abbiano ormai perdonata per aver trasformato la loro casa in una biblioteca. E che l’ironia, i cani e la poesia salveranno il mondo. Oltre alla lettura, naturalmente!