Una rubrica sui libri. Perché? In questo nostro tempo veloce e senza pause, rallentare è l’unica azione possibile per riappropriarci della nostra anima. E lo facciamo con Gemma, docente e grande appassionata di libri di Corigliano-Rossano, che ci aiuta con le sue letture a sgretolare qualche luogo comune del mondo culturale, raccontando in poche parole, da oggi due volte al mese circa, che cosa meriti almeno un’occhiata in libreria. Non perdiamoci i suoi consigli!
Labbra e palpebre
Tsundoku. Così, i giapponesi (che a tutto trovano un nome) chiamano il fenomeno per cui si legge una recensione accattivante, si fa il solito giretto “innocente” in libreria, ci si lascia calamitare da copertine e titoli, si acquistano volumi e poi li si accumula sul comodino accanto al letto. Una miniera di risorse senza fondo, se si sceglie di guardare il lato positivo!
E, stavolta, dopo “aver subito” di nuovo due approcci respingenti, dalla pila ho attinto un’opera del mainstream. Negli ultimi anni, come è ormai noto, spopola la cultura coreana: musica, film, serie tv. Ho visto persino alunni tentare di imparare la lingua di questo Paese così lontano e così diverso dal nostro! Ed è proprio la sceneggiatura di un k-drama e non un romanzo che vi sembrerà di leggere tenendo in mano L’ora di greco di Han Kang (Adelphi, novembre 2023).
I protagonisti non hanno nome ed emergono, sfocati, dai sogni e dalle dettagliate descrizioni delle scenografie di Seul.
L’uomo, ancorato al ricordo di un amore e “spaccato in due lingue e due culture, sta perdendo la vista.
La gente pensa che, quando si perde la vista, la prima cosa che succede è che si diventi maggiormente sensibile ai suoni, ma non è vero: prima di qualsiasi altra cosa, si inizia a percepire di più lo scorrere del tempo.
La donna, oltre all’affidamento del figlio, ha perso le parole, rimaste bloccate in gola; ha spalle e schiena curve per sparire nei vestiti neri. Sarà giovane, forse, ma non particolarmente bella.
Se solo avesse segnato con un ago, o con tracce di sangue, il sentiero battuto un tempo dalle parole […] Ognuno occupa un certo spazio fisico che corrisponde esattamente al volume del proprio corpo, ma la voce si propaga oltre. Lei non voleva espandere la propria presenza.
Lui, alla soglia dei quarant’anni, porta lenti spesse e si affida ormai all’immaginazione; lei ha la bocca serrata per la seconda volta nella vita. Ombre, entrambi, che strisciano sulle superfici. Senza luce e senza voce.
Lei, che soffre d’insonnia e cammina per stancarsi e prepararsi a non sentire il silenzio della casa in cui trorna, si rifugia nelle lezioni di greco antico, tenute da lui. Del resto, secondo un gioco di parole di Socrate, i verbi “soffrire” e “apprendere” sono quasi identici.
Quando l’aveva notata, nella prima lezione, le aveva fatto pensare a un’antica mappa che segnava il percorso di vecchie lacrime.
Una parte di lei, logorata dalla lunga e dura resistenza, è venuta via come carne; ovunque ci sono cose con cui non può riconciliarsi. Si chiede, sin da piccola, se ha diritto di esistere.
Trascorrono la prima e unica notte insieme nelle pagine finali, dopo ricordi traumi e dissertazioni su Platone. Lui le bacia la bocca, lei gli accarezza gli occhi. Il desiderio di lei affiora dallo stesso luogo recondito in cui ha smarrito il linguaggio.
Non le capita mai di trovarlo strano? Che il nostro corpo abbia palpebre e labbra, che possono essere tappate dall’esterno, ma anche sigillate dall’interno.
Gemma
P.S.: E certo che vi dico, anche stavolta, quali libri vi ho risparmiato! L’ultimo del premio Nobel Annie Ernaux, Perdersi, comprato per la frase in quarta di copertina “Lo amo con tutto il mio vuoto”, ma “anche basta”, direbbero i ragazzi, flussi di coscienza. E il ritorno di Bret Easton Ellis, Schegge. Soffocante.
Gemma GuidoGemma Acri Guido è nata a Cariati e cresciuta a Rossano. Ha poi cambiato casa e paese più volte di quelle in cui si è lasciata tagliare i capelli. |