Una rubrica sui libri. Perché? In questo nostro tempo veloce e senza pause, rallentare è l’unica azione possibile per riappropriarci della nostra anima. E lo facciamo con Gemma, docente e grande appassionata di libri di Corigliano-Rossano, che ci aiuta con le sue letture a sgretolare qualche luogo comune del mondo culturale, raccontando in poche parole, ogni domenica, che cosa meriti almeno un’occhiata in libreria. Non perdiamoci i suoi consigli!
Dopo dieci anni di solitudine, ci aveva lasciati a 87 anni il 17 aprile 2014, Gabo, attraverso i suoi figli, torna a trovarci inaspettatamente e ci regala un inedito, “Ci vediamo ad agosto” (Mondadori). Un tesoro di cui si ignorava l’esistenza. Verso la fine della sua vita, quando già lottava contro la demenza senile, lo scrittore colombiano lavorava a queste pagine e, nonostante avesse apposto la firma, chiese che non venissero pubblicate («Questo libro non funziona. Bisogna distruggerlo»). Un’opera difficile, concepita nel 1999, più volte “messa a riposare” e rimaneggiata in cinque versioni. Rodrigo e Gonzalo García Barqua han deciso di “tradire” la volontà del padre, giudicando che non fosse più in grado di valutare quanto il testo, malgrado le imperfezioni, lo rispecchiasse e rischiando per non privare i lettori dell’ultima opportunità. È stato emozionante, lo dico senza retorica, “sentirlo parlare” ancora.
Il romanzo affronta l’amore tra persone mature, il desiderio e la passione unite al brivido della ribellione che irrompono prepotenti, quasi per caso, nella routine della quarantaseienne Ana Magdalena Bach. Ogni anno, il 16 agosto, Ana porta sulla tomba della madre, sepolta su un’isola dei Caraibi, un mazzo di gladioli. Il viaggio, compiuto in maniera ripetitiva e automatica, si trasforma in un’occasione di trasgressione sessuale, una parentesi da ritagliarsi in un ménage tutto sommato soddisfacente. «Da ventisette anni era unita in un affiatato matrimonio con un uomo che amava e che l’amava, e con il quale si era sposata senza finire la facoltà di Arti e Lettere, ancora vergine e senza fidanzamenti precedenti». Una famiglia apparentemente felice, con due figli, il maschio musicista come il padre e la femmina convinta di farsi suora ma amante di un jazzista. La moglie e madre accoglie l’evento accaduto sull’isola, forse a causa di un bicchiere di troppo, e ne fa un appuntamento da rinnovare ogni 365 giorni. Quanto durerà?
A coloro che non sono mai riusciti a terminare “Cent’anni di solitudine” (1967), capolavoro del premio Nobel 1982, consiglio vivamente di insistere. All’inizio, è vero, si fatica a seguire la storia per via dei nomi dei tanti personaggi e per le fitte descrizioni, ma, quando l’epopea della città di Macondo e della famiglia Buendìa prende forma, si è ormai mitologicamente rapiti. «Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case…». Credetemi, si precipita dentro le innumerevoli vicende che si dipanano in un tempo sfumato e impreciso e in un luogo che non si trova sul mappamondo. Márquez ha sempre rifiutato l’etichetta del “realismo magico”, ma è difficile non ritenere che la forza straordinaria di questo manifesto della letteratura latinoamericana del Novecento non si trovi anche negli elementi magici, in contesti realistici, che sortiscono effetti suggestivi e stranianti.
Imperdibili anche “Cronaca di una morte annunciata” (1981), “L’amore ai tempi del colera” (1985) e “Dell’amore e di altri demoni” (1994). Il primo libro, da cui Rosi ha tratto l’omonimo film del 1987, narra la vicenda di Santiago Nasar che, accusato di aver tolto l’onore ad Angela Vicario, viene ucciso a coltellate dai fratelli di lei, la mattina dopo le nozze. Nel secondo Márquez abbandona l’abituale inquietudine e concede spazio alla speranza: per cinquantun anni, nove mesi e quattro giorni Fiorentino Ariza persevera nel suo amore per Fermina Daza, la più bella ragazza dei Caraibi, senza mai vacillare, fino all’incredibile conclusione. L’ultimo, ambientato ai tempi dell’inquisizione spagnola, segue la marchesina Sierva Maria de Todos los Angeles, figlia indesiderata di un pigro e annoiato Marchese e di una contrabbandiera, nell’anomala crescita.
Ampia la bibliografia completa di Gabo, giornalista e saggista oltre che narratore. Mondadori ne ha selezionato una parte per i due volumi de “I Meridiani” del 1987 e per “Tutti i racconti” del 2012. Dovendo scegliere, qualche parola desidero infine dedicare a “Memoria delle mie puttane tristi”, omaggio che Márquez rese al vertice di un altro premio Nobel, che ammirava e che pure io adoro, “La casa delle belle addormentate” di Yasunari Kawabata. «L’anno dei miei novant’anni decisi di regalarmi una notte di folle amore con un’adolescente vergine». Spiazza così l’incipit, con la confessione dell’anziano protagonista, giornalista eccentrico e solitario, appassionato di musica classica, che accanto a un’adolescente scopre il piacere inverosimile di contemplare il corpo nudo di una donna, che dorme «senza le urgenze del desiderio o gli intralci del pudore».
Grazie, Gabo, inoltre, per questi versi struggenti.
Perderai molte persone
nel tuo cammino.
Certe lentamente, senza accorgertene.
Una telefonata in meno, un messaggio dimenticato.
Altre per scelta, tua o non tua.
Alcune però ti rimarranno addosso.
Basterà una foto dimenticata
tra un libro,
una canzone alla radio ed ecco che te ne ricorderai.
Sorriderai.
Magari ti chiederai come stanno
affrontando le loro battaglie.
Se sono felici. E… forse
ti commuoverai pensando
a come le avete affrontate voi
insieme le battaglie.
Poserai la foto, spegnerai la radio
e di nuovo continuerai la tua giornata cercando di scrollarti
di dosso quella sensazione di aver perso… insieme a loro almeno un po’ di te.
Gemma
NB. Nelle foto la valigia che mi ha accompagnato nei recenti spostamenti e una delle “creazioni” (gabbietta riciclata in vaso) di mio padre.
Grazie a mia sorella Marina per avermi regalato “Ci vediamo ad agosto”.
Che Gemma di libro! ~ ogni domenica su I&CGemma Acri Guido è nata a Cariati e cresciuta a Rossano. Ha poi cambiato casa e paese più volte di quelle in cui si è lasciata tagliare i capelli. |
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