Aubin-Louis Millin, archeologo e storico dell’arte, il 10 luglio 1812 giunse a Corigliano. Stava proseguendo nel suo giro per il Sud Italia, ormai entrato a far parte dell’impero francese, e, dopo aver visitato Rossano e il Patire, arrivò a Corigliano.
Nel suo giro, Millin era accompagnato dal segretario personale Jacques Ostermann, dal pittore prussiano Franz Ludwig Catel e dallo scrittore francese Astolphe de Custin. Catel aveva il compito di disegnare e riprodurre i beni rilevanti che trovavano durante il viaggio mentre lo scrittore Custin doveva lasciarne traccia scritta. Il viaggio, finanziato dal governo francese, aveva l’obiettivo di redigere una «inspection patrimoniale» sulla consistenza dei beni artistici delle regioni entrate da poco a far parte dell’impero napoleonico e raccogliere un’ampia documentazione sui beni sconosciuti o conosciuti parzialmente. Tra l’altro, finalità non meno importante, il viaggio di Millin si dirigeva verso regioni periferiche ancora quasi da scoprire e, altro aspetto rilevante della spedizione, non avrebbe dovuto documentare solo le antichità classiche ma anche quelle medievali fino ad allora non tenute in gran conto. Lettere di raccomandazione scritte dal ministro degli Interni accreditavano i viaggiatori presso le diverse autorità locali, quali sindaci, intendenti o vescovi, così quando il gruppo attraversava i territori più pericolosi veniva accompagnato da una scorta militare.
Nel viaggio Millin, superato Cariati, aveva molto apprezzato il paesaggio con le ampie distese di ulivi così come non aveva gradito la visione delle colline spoglie. Scendendo in pianura dopo la visita al Patire e salutato il suo accompagnatore, don Nilo de Rosis, gli ci vollero due ore di viaggio in carrozza per arrivare a Corigliano che gli fece subito una buona impressione. Così descrisse il paese: «È costruito ad anfiteatro, su un monte semicircolare, e si arriva, secondo l’usanza, costeggiando il letto di un torrente chiamato Coriglianeto. … Questa città è costruita molto meglio di molte altre, compresa Rossano». Da tener presente che la Rossano visitata da Millin nel 1812 era quella precedente alla profonda trasformazione urbanistica realizzata dopo il terribile terremoto del 1836 e non aveva ancora avuto le importanti innovazioni viarie volute dal sindaco Luca de Rosis sul finire dell’800.
Millin invece non legò con i coriglianesi per i quali si lasciò andare a un commento secondo il quale la gente del posto non era molto “agréable”, piacevole. Ovviamente Millin non aveva rapporti con la gente comune e forse, a differenza di Rossano, i nobili locali non si sprecarono con inviti nei suoi confronti. Si dovette però ricredere con la «bonne réception de M. le chevalier Minutolo».
Annotò che il più importante prodotto della zona era l’olio e sul Coriglianeto raccontò che creava grandi devastazioni, aveva distrutto un ponte e minacciava i casini di campagna e non si faceva nulla per arginarlo.
La comitiva entrata in paese rimase subito favorevolmente colpita dall’acquedotto a tre piani e così Millin incaricò Catel di disegnarlo. Il gruppo apprezzò anche il Castello Ducale con la sua antica torre.
A Corigliano Catel iniziò ad avvertire sintomi di malori che si cercò di superare con del teriaca, un vecchio rimedio che andava bene per ogni problema fisico.
Alle 4 del pomeriggio i visitatori ripresero il viaggio verso Sibari percorrendo la «route de méme sorte, oliveto pareil», la stessa strada con i medesimi uliveti e alla confluenza del Crati col Coscile non trovarono nulla dell’antica città di Sibari ma solo umidità e aria malsana.
P.S.: è possibile consultare vari articoli sul viaggio di Aubin-Louis Millin nel Sud Italia sul sito
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