Le mani parlanti dell’Achiropita di Rossano, racconto di Martino A. Rizzo

Cosa rivelano le mani dell’Achiropita e di suo figlio nell’immagine presente nella Cattedrale di Rossano? È una domanda che sorge spontanea sapendo che nelle antiche icone ogni particolare del dipinto si porta dietro un significato e un messaggio che vuole trasmettere. L’affresco della Madonna Achiropita, di epoca bizantina, è datato tra l’VIII e il IX secolo ed è alto 140 centimetri, largo 80. L’arte delle icone di quell’epoca non serviva per abbellire le chiese, ma principalmente per rappresentare il messaggio divino. Infatti l’icona non veniva considerata un’opera d’arte ma un modo diretto e profondo attraverso il quale Dio comunica con gli uomini. Pertanto l’icona non mirava al bello, le sue forme stilizzate e spesso sgraziate non cercavano di conquistare l’ammirazione dei fedeli per la loro estetica ma dovevano affascinare per il messaggio spirituale che riuscivano a comunicare.

Nella tradizione orientale l’icona nasceva dalla preghiera, con l’agiografo che si estraniava dalle cose terrene e, purificato dalla grazia e illuminato dallo Spirito Santo, “scriveva” l’icona, non la dipingeva. Era solo il tramite tra il divino e l’immagine che grazie a lui vedeva la luce. Mons Ciro Santoro, grande studioso di Rossano, in un suo testo sull’Achiropita riporta quanto afferma Vincenzo Barone nel libro “Storia società cultura di Calabria” secondo il quale «L’artista doveva digiunare, pregare, meditare ed invocare l’ispirazione divina per cercare di riuscire a mostrare alla devozione dei fedeli il volto del Redentore o della Madonna …». «Achiropita significa, quindi, dipinta secondo la tradizione ecclesiale e l’ispirazione divina e non secondo la fantasia dell’artista». Insomma il “pittore” non faceva altro che esternare, essere lo strumento di ciò che dall’Alto gli era stato detto di realizzare.

Nel mondo delle icone bizantine Maria è raffigurata in posizione frontale con lo sguardo rivolto verso l’osservatore che fissa con un atteggiamento ieratico e distaccato, indossa un velo il “maphorion”, di colore rosso e i suoi capelli sono coperti da una cuffia aderente. Ed è così anche per l’Achiropita.

Secondo Mons. Santoro Maria, nel dipinto dell’Achiropita, presenta il Figlio che regge nella sinistra il rotolo (Vangelo o Legge del Signore) e con le dita par che dica «Fate tutto quello che vi dirà» (C. Santoro, La Cattedrale di Rossano e l’icona Achiropita. Rossano 1981). Proprio per questo Maria è detta anche Odigitria, la conduttrice, colei che indica il cammino, la strada da seguire che è una strada di verità.

Il Bambino, seduto sul braccio della Madonna, fissa la Madre e con la destra leggermente alzata benedice alla greca, come in molte altre icone bizantine, mentre con la sinistra regge un rotolo di pergamena, simbolo di saggezza e di sapienza.

La benedizione “alla greca” si distingueva da quella “alla latina” perché in quest’ultima il pollice, l’indice e il medio della mano destra sono tesi verso l’alto, mentre le altre due dita sono piegate all’interno. Invece, nella benedizione greca il pollice e l’anulare si toccano mentre l’indice e il medio sono allungati verso l’alto.

Afferma Santoro: «La mano destra benedicente del Bambino potrebbe riportarci all’impegno cristiano evidenziato nella risposta: ‘Mia madre e i miei fratelli sono quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica’».

Anche le dita dell’Achiropita che indicano la via da percorrere ripetono la tradizione greca con l’indice e il medio ritti.

Molte sono le assonanze della gestualità delle mani presente nel dipinto dell’Achiropita con quella dell’icona bizantina “Salus Populi Romani” di Santa Maria Maggiore a Roma, icona su base di legno di cedro databile tra il V e il XIII secolo, ma anche con tante altre icone bizantine.

Insomma, non si finirebbe mai di approfondire il dipinto millenario dell’Achiropita e tante possono essere le interpretazioni dell’immagine, che però oggi, purtroppo, non si può ammirare integralmente in quando racchiusa in un altare che ne rende visibile solo la parte superiore.

A tal proposito, suona affascinante e stimolante l’idea lanciata sempre da Mons. Santoro nel 1978 e riproposta nel 1981 col testo appena citato: «L’immagine dell’Achiropita non è a mezzo busto, ma si sviluppa intera sino ai piedi. Il riportarLa in tutta luce nelle tipiche forme prettamente bizantine, costituirebbe un evento di indubbio valore, anche artistico. Risalterebbero la profonda religiosità e spiritualità dell’Effigie, unitamente alla tecnica piuttosto primitiva e rudimentale. Rimuovendo l’altare e conservando la balaustra, l’intera Icona potrà essere custodita in spesse e luminose lastre di cristallo a prova di proiettile, come in altre Chiese e Santuari Mariani».

Chissà se questa ipotesi altamente innovativa è stata mai presa, o verrà mai presa, in considerazione.

 

(il libro di Mons. Ciro Santoro, “La Cattedrale di Rossano e l’icona Achiropita”, Ed. Museo Diocesano d’arte sacra, Rossano 1981, è scaricabile dal sito www.Achiropita.it)

Martino A. Rizzo 

 

I racconti di Martino A. Rizzo ~ ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo è un grande curioso di storie e avvenimenti rossanesi, coriglianesi e più in generale calabresi e gli articoli che prepara per Informazione & Comunicazione non sono altro che il risultato delle ricerche utili a soddisfare queste sue curiosità. Frutto di tale attività è stata anche la realizzazione del sito AnticaBibliotecaCoriglianoRossano che ormai si è meritato un posto di rilevo tra i siti contenenti libri, articoli e fotografie sulla Calabria, tutti liberamente scaricabili.

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