La CGIL ha lanciato una nuova e ambiziosa iniziativa referendaria che mira a riportare in primo piano la tutela dei diritti dei lavoratori, ponendo particolare attenzione alle leggi che, negli ultimi dieci anni, hanno contribuito alla precarizzazione del lavoro. Questo progetto è un passo importante nella lunga storia della CGIL, che ha sempre lottato per garantire dignità e sicurezza sul posto di lavoro. La nuova campagna referendaria della CGIL intende raccogliere un milione di firme entro il 19 luglio, data in cui le firme saranno depositate presso la Corte Costituzionale. L’obiettivo è quello di abrogare una serie di leggi, in particolare il Jobs Act, che ha introdotto modifiche significative e controverse nel mercato del lavoro italiano.
Giuseppe Guido, segretario generale della CGIL Pollino-Sibariti-Tirreno, ha espresso chiaramente le ragioni di questa iniziativa: «Chiediamo di abrogare alcune leggi più che alcuni articoli, soprattutto il Jobs Act. Chiediamo di abrogare le leggi che hanno precarizzato il lavoro negli ultimi dieci anni, dallo Statuto dei Lavoratori che aveva introdotto alcune garanzie importanti. Il segretario generale della CGIL, che allora disse che la Costituzione entra in fabbrica, nel frattempo alcuni di quei diritti si sono persi».
Guido ha sottolineato alcune delle problematiche introdotte dalle recenti leggi sul lavoro: «Per esempio, non serve più la causale per l’utilizzo dei contratti a tempo determinato. Non c’è più la reintegra per un licenziamento illegittimo. O l’appaltatore, in caso di subappalto, non risponde in maniera solidale ad un infortunio mortale. Quindi chiediamo l’abrogazione di queste norme per rendere il lavoro più tutelato, dignitoso, sicuro».
Un elemento distintivo di questa campagna è la scelta della CGIL di non utilizzare il proprio logo: «La scelta della CGIL di non mettere il suo logo sulla campagna referendaria è perché riteniamo che sia aperta a tutti. Ci rivolgiamo a tutti, si può firmare anche con lo SPID senza doversi recare per forza ad un banchetto o ad una sede della CGIL».
Guido ha spiegato l’importanza di questa responsabilità nella catena degli appalti: «Attualmente i datori di lavoro rispondono se succede qualcosa, ma nella catena degli appalti questa responsabilità si perde. Noi chiediamo che nella filiera risponda comunque sempre chi si è giudicato l’appalto originario, perché altrimenti capita che la famiglia del lavoratore che non c’è più non riesca neanche ad avere il risarcimento dovuto».
L’iter procedurale prevede la raccolta di almeno 500.000 firme valide, che saranno poi sottoposte alla Corte Costituzionale per la verifica. Se approvate, il referendum si terrà nel 2025. Questo percorso riflette la determinazione della CGIL nel portare avanti una battaglia che non ha trovato sufficiente supporto parlamentare: «Qualcosa c’è stato, poco, c’è stato anche un tentativo della CGIL di promuovere una legge di iniziativa popolare, abbiamo raccolto 4-5 anni fa un milione di firme, ma poi il Parlamento non ha inteso legiferare da se stesso. Nessuno si è interessato di questi temi, quindi noi abroghiamo le norme che non ci piacciono».
La CGIL invita tutti i cittadini, lavoratori e non, a unirsi a questa campagna per garantire un futuro del lavoro più giusto e sicuro per tutti.
.