Che ci sia stata una cabina di regia, una mano invisibile ma potente, che nella storia abbia deliberatamente penalizzato l’area che dalla Sibaritide si estende fino al Crotonese, è una verità innegabile. I fatti e la storia parlano chiaro, a partire dalla ipotesi storica che l’autostrada Salerno-Reggio Calabria avrebbe dovuto attraversare la tratta jonica, evitando così uno sperpero di risorse tra viadotti e inutili deviazioni montane. Ma il centralismo, con la sua insaziabile fame di controllo, non si è mai fermato. Quel poco che è stato fatto in questa regione, purtroppo, ha sempre seguito una logica distorta, volta a dirottare il traffico e lo sviluppo verso la direttrice tirrenica, sacrificando la costa jonica sull’altare dell’invisibilità.
Il caso dell’autostrada è emblematico. La scelta di far passare la Salerno-Reggio Calabria attraverso il versante tirrenico, anziché lungo la costa jonica, ha di fatto condannato quest’ultima a un isolamento infrastrutturale. A nulla è valso il grido di allarme di chi, allora, vedeva nella tratta jonica un’opportunità per connettere più agevolmente il Sud d’Italia con l’Adriatico e l’Est Europa. L’unica risposta che è arrivata è stata una ragnatela di progetti infiniti, in cui si è privilegiata sempre e comunque la direttrice tirrenica.
Lo stesso destino è toccato alla ferrovia. L’elettrificazione della linea ferrata si è fermata a Sibari, per poi deviare verso Cosenza e lasciare fuori tutta la parte che conduce a Corigliano-Rossano e Crotone. È solo negli ultimi anni che ci si è accorti che anche il Basso Jonio esiste e che forse meriterebbe un’infrastruttura adeguata, ma si tratta di un riconoscimento tardivo, minimale e incompleto. Si continua a parlare di grandi investimenti ferroviari per il collegamento tirrenico, ma la costa jonica resta ancora la “tratta dimenticata”, quel pezzo di territorio che, pur avendo potenzialità enormi, viene ignorato.
Una viabilità su gomma che continua a essere un pericolo
Non va meglio per la viabilità su gomma. Si stanno finalmente realizzando alcuni interventi, come la tratta Roseto-Sibari e la finanziata Sibari-Rossano, ma la parte più pericolosa e necessaria – quella che collega Corigliano-Rossano a Crotone – rimane relegata ai margini, considerata solo a livello progettuale. Si parla di una strada a due corsie, una mini-careggiata che definirla “europea” sarebbe un insulto all’intelligenza e alla dignità dei cittadini. Eppure, nessuno sembra indignarsi abbastanza per questa situazione paradossale.
Chi sono questi “progettisti” che non vedono come prioritaria la tratta Corigliano-Rossano-Crotone? Che logica c’è dietro il continuo rinvio di un’opera tanto necessaria quanto ignorata? Domande che, puntualmente, non trovano risposta. Il silenzio avvolge questa porzione di Calabria come una cappa soffocante, una cappa che sembra essere voluta, accettata, persino applaudita da chi dovrebbe alzare la voce e difendere il proprio territorio.
Il silenzio complice degli amministratori e delle comunità locali
Ma quello che sorprende di più non è tanto l’arretratezza culturale e infrastrutturale imposta da un centralismo cieco e ottuso. No, quello che lascia sbalorditi è il silenzio complice degli amministratori locali e delle comunità del Basso Jonio. Una rassegnazione diffusa, che spesso si trasforma in accondiscendenza, se non in vera e propria adulazione dei poteri centrali. È come se ci fosse una tacita accettazione dell’abbandono, una rassegnazione all’idea che questo territorio debba restare per sempre ai margini, invisibile, inascoltato.
E qui sta il paradosso più grande. Nonostante le penalizzazioni evidenti, nonostante l’abbandono sistematico, ci sono amministratori locali che addirittura osannano il centralismo, che applaudono ogni minima concessione, che accettano passivamente l’idea di essere cittadini di seconda classe. Le poche voci critiche sono isolate, zittite da un coro di obbedienza acritica. Un’obbedienza che si manifesta anche in vicende cruciali come la costituzione di una nuova provincia.
La questione della provincia: un’occasione sprecata
La questione della provincia jonica, una delle più grandi battaglie politiche degli ultimi decenni, è l’ennesima dimostrazione di come il Basso Jonio venga sistematicamente sabotato. Ci sono centri strategici, situati tra Crotone e Corigliano-Rossano, che potrebbero costituire il cuore pulsante di una nuova provincia, a costo zero per lo Stato, in grado di rappresentare oltre 410mila abitanti. Una provincia jonica che finalmente metterebbe al centro il Basso Jonio, dando voce e visibilità a una parte della Calabria da troppo tempo emarginata.
Eppure, anche su questo fronte, assistiamo a un teatrino desolante. Anziché promuovere con forza questa nuova provincia, ci sono soggetti locali che, inspiegabilmente, guardano altrove. Si parla di Castrovillari, di Cosenza, come se il Basso Jonio non avesse il diritto di essere protagonista del proprio destino. Ancora una volta, prevale l’obbedienza ai diktat dei poteri centrali, l’incapacità di alzare la testa e rivendicare un ruolo centrale nello sviluppo della regione.
La democrazia in Calabria: una parola svuotata di significato
In Calabria, la democrazia sembra essere una parola svuotata di significato. Basta una direttiva del presidente di turno, e tutti si affrettano a eseguire. Non c’è dibattito, non c’è dissenso, non c’è una vera partecipazione democratica. E questo atteggiamento remissivo non fa altro che perpetuare l’arretratezza della regione, condannandola a un immobilismo che sembra ineluttabile.
Il problema non è solo infrastrutturale. È un problema culturale, sociale, politico. Finché le comunità locali e i loro rappresentanti continueranno a chinare il capo di fronte al centralismo, a elemosinare briciole anziché pretendere diritti, il Basso Jonio e l’intera Calabria resteranno prigionieri di un sistema che li relega ai margini. È una questione di dignità, prima ancora che di sviluppo. Una dignità che sembra essere stata smarrita, sepolta sotto anni di silenzio e complicità.
Una chiamata all’azione: spezzare il silenzio e rivendicare il futuro
Difficile spezzare questo silenzio, troppi compromessi che di politico hanno ben poco. E sono anche inutili gli appelli rivolti alle comunità del Basso Jonio di ritrovare la voce e rivendicare il loro diritto a essere protagoniste del proprio futuro. Non si tratta solo di chiedere nuove infrastrutture o di rivendicare una provincia. Si tratta di riappropriarsi del proprio destino, di dire basta a decenni di abbandono e di marginalizzazione. La storia non si scrive da sola. È tempo di iniziare a scriverla noi.
Matteo Lauria – Direttore I&C