Moria di pesci nel Basso Ionio: emergenza ambientale lungo le coste cosentine | VIDEO

Nel Basso Ionio Cosentino, tra agosto e ottobre, una misteriosa moria ha colpito diverse specie ittiche, portando alla morte massiva di pesci come spigole, orate, saraghi, triglie e soprattutto cernie. L’allarme è stato lanciato da un gruppo di 60 pescatori locali, sconvolti dalla vista di quantità anomale di pesci morti e preoccupati per le conseguenze ambientali e potenziali rischi per la salute. Tra le voci più attive nel denunciare il fenomeno c’è Francesco Romeo, appassionato pescatore in apnea, che per primo ha documentato i segni del betanodavirus, un agente patogeno recentemente identificato come probabile causa dell’epidemia. «Un mio amico, neofita della pesca in apnea, aveva notato strani movimenti e lesioni sulla pelle di giovani cernie», racconta Romeo. «Da lì ho iniziato a osservare più attentamente e ho raccolto campioni video, condividendoli con la comunità di pescatori e alcuni ricercatori, che hanno confermato il sospetto di betanodavirus».  Il betanodavirus, responsabile della encefalo-retinopatia virale, è una minaccia letale per le cernie e altre specie sensibili, attaccando il sistema nervoso e retinico dei pesci e causando, nella maggior parte dei casi, la morte. Per i sopravvissuti, tuttavia, la malattia non sparisce del tutto: restano portatori sani, perpetuando la diffusione del virus. L’associazione sportiva New Poseidon e la Lega Navale di Rossano, in collaborazione con la Lega Navale di Cariati, hanno raccolto esemplari infetti, inviati poi all’Istituto Zooprofilattico di Napoli per le analisi. Qui, la conferma ufficiale è arrivata: il virus, già noto per i suoi effetti devastanti, si sta diffondendo nelle acque del Basso Ionio, ma senza segnali attuali di zoonosi, ovvero del salto di specie verso l’uomo.

Effetti e precauzioni per la salute umana

Sebbene al momento il betanodavirus non rappresenti un rischio diretto per la salute umana, gli esperti suggeriscono alcune precauzioni. Francesco Romeo ci spiega: «È buona norma cuocere sempre bene il pesce, evitare la testa e non consumare esemplari con lesioni evidenti. Nelle pescherie, difficilmente si troveranno pesci infetti, ma per i pescatori il rischio esiste».  Oltre agli effetti sull’ecosistema marino, la moria pone interrogativi anche sul futuro della pesca locale e sull’impatto economico che potrebbe derivarne, qualora il virus continuasse a diffondersi senza controlli efficaci. Questo episodio rappresenta l’ennesimo campanello d’allarme sullo stato di salute del Mediterraneo, già fragile per via di inquinamento e cambiamenti climatici. L’allerta per la diffusione del betanodavirus impone una riflessione urgente sulle misure di monitoraggio e contenimento, nonché sull’importanza di una stretta collaborazione tra scienza, istituzioni e comunità locali per proteggere il mare e le risorse che esso offre. Per i pescatori del Basso Ionio Cosentino, il messaggio è chiaro: è tempo di agire per fermare il morbo che sta falcidiando il cuore della biodiversità locale. La moria di pesci nel Basso Ionio Cosentino ha raggiunto un livello critico, con decine di cernie trovate senza vita o in gravi condizioni lungo il litorale tra Fiumarella, Mirto e Corigliano Rossano. A documentare la gravità della situazione è Flavio Graziani, socio dell’Associazione Pescatori Sportivi New Poseidon e della Lega Navale area urbana Rossano, che insieme ai colleghi ha monitorato il fenomeno, cercando risposte sulla causa della moria.

Le cernie in agonia lungo i fondali

«La maggior parte dei ritrovamenti si è verificata lungo le coste tra Fiumarella e Corigliano Rossano, con decine di cernie di varie età e dimensioni, in condizioni di evidente sofferenza» racconta Graziani. Secondo la testimonianza di Graziani e del pescatore in apnea Francesco Romeo, gli esemplari si muovevano in modo disorientato, sbattendo contro le rocce sui fondali marini. Una scena drammatica che ha spinto l’associazione a intraprendere un’indagine, per comprendere la causa di tale fenomeno in un’area mai prima d’ora interessata da episodi simili. Per ottenere risposte concrete, l’Associazione Pescatori Sportivi New Poseidon ha contattato il centro di biologia marina di Roccella Ionica, attivo nella salvaguardia della fauna marina. «Abbiamo chiesto supporto a una biologa del centro, che si è resa disponibile a prelevare campioni di cernie da inviare all’Istituto Zooprofilattico per ulteriori analisi»  spiega Graziani.

2 risposte

  1. Quanto riportato nell’articolo si sta registrando anche sul Tirreno Cosentino.
    Pertanto credo sia interessata tutta la costa calabrese.

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