Si è conclusa oggi, presso l’aula bunker del Tribunale di Catanzaro, la prima fase processuale del caso “Reset”, maxi-operazione anti-’ndrangheta condotta dalla Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro tra Cosenza e Rende. La sentenza di primo grado, emessa dal Giudice per l’udienza preliminare, ha segnato un punto decisivo per uno degli imputati principali: Daniele Chiaradia, coriglianese di 44 anni residente a Cosenza, è stato assolto da tutte le accuse più gravi a suo carico. Chiaradia era stato arrestato il 1° settembre 2022 nell’ambito dell’inchiesta “Reset”, che mirava a smantellare le attività illecite della cosca Lanzino/Patitucci. Le accuse comprendevano associazione finalizzata all’esercizio illegale di giochi e scommesse, concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio e intestazione fittizia di beni, tutte aggravate dall’agevolazione mafiosa. Secondo l’ipotesi dell’accusa, Chiaradia avrebbe operato come prestanome per società legate alla criminalità organizzata, utilizzando slot machines manomesse per eludere il fisco e truffare i giocatori. La Procura aveva chiesto una condanna a 13 anni e 4 mesi di reclusione e la confisca di tutti i beni a lui intestati.
Durante il processo, celebrato con rito abbreviato, l’avvocato Pasquale Di Iacovo ha evidenziato le incongruenze delle prove presentate dall’accusa. In particolare, la difesa ha messo in dubbio la credibilità dei pentiti che avevano accusato Chiaradia e l’interpretazione delle intercettazioni telefoniche. «Non vi è alcuna evidenza che il mio assistito abbia svolto ruoli di promozione o direzione nell’associazione mafiosa o che abbia effettivamente riciclato fondi o intestato beni a nome della cosca», ha dichiarato Di Iacovo. Inoltre, sono state contestate le modalità con cui erano stati sequestrati i beni di Chiaradia, tra cui società e immobili. Il giudice ha accolto le tesi difensive, assolvendo Chiaradia con formula piena da tutte le accuse più gravi: Associazione finalizzata all’esercizio illegale di giochi e scommesse; Concorso esterno in associazione mafiosa; Riciclaggio; Intestazione fittizia di beni. Tutte le ipotesi di reato aggravate dall’agevolazione mafiosa sono cadute, restituendo al 44enne la libertà e la proprietà dei beni sequestrati. Tuttavia, Chiaradia è stato condannato alla pena sospesa di 1 anno e 8 mesi per una tentata truffa semplice, reato aggiunto successivamente durante la fase di rinvio a giudizio. Secondo la legge, la pena resterà sospesa a condizione che l’imputato non commetta ulteriori reati nei prossimi cinque anni. La pronuncia rappresenta un momento chiave nell’ambito dell’operazione “Reset”, che aveva coinvolto decine di imputati tra Cosenza e Rende. Per Chiaradia, la sentenza è una vittoria significativa che ribalta un quadro accusatorio inizialmente molto grave. Resta da vedere se la Procura deciderà di impugnare la decisione in appello.