Un’altra vita spezzata dall’assenza di servizi essenziali. Un uomo colpito da infarto ha perso la vita a San Giovanni in Fiore, mentre si trovava in un’ambulanza priva di attrezzature e di un medico. Il tragitto verso l’ospedale di Cosenza è diventato il suo ultimo viaggio, una tragedia che rappresenta una ferita profonda per le comunità delle aree interne, da troppo tempo abbandonate. «Non possiamo accettare che una vita venga interrotta da un sistema sanitario incapace di garantire l’essenziale», denuncia la CISL di Longobucco.
Emergenza sanitaria nelle aree interne
Una provocazione che scuote: «Vietato ammalarsi»
Il sindaco di un comune della provincia ha deliberato un atto simbolico dal titolo provocatorio: «Vietato ammalarsi nelle zone interne». Un gesto che, pur nella sua amarezza, evidenzia la drammaticità della situazione. «Non possiamo rimanere passivi», sottolinea la CISL. «È necessario un impegno straordinario che coinvolga tutti: istituzioni locali, forze politiche, sindacali, associazioni, chiesa e cittadini. Solo un movimento unito e determinato può costringere i livelli regionali e nazionali a intervenire».
La vita non può dipendere dalla fortuna
L’assenza di servizi sanitari adeguati è una condizione che non può essere accettata. «Non può andare sempre bene», avverte la CISL, ricordando che in troppi casi si è evitata la tragedia solo grazie a coincidenze fortunate. Ma la fortuna non è una strategia, e ogni vita spezzata è una sconfitta per l’intera comunità. «Ogni vita è unica, irripetibile. Chi ha il potere di cambiare le cose deve assumersi la responsabilità di agire subito. Non possiamo più accettare condoglianze formali e lacrime di circostanza», aggiunge il sindacato. Le piccole comunità meritano rispetto e dignità, non l’abbandono.
Un appello alla responsabilità
La CISL di Longobucco lancia un appello accorato: «È l’ora della responsabilità. Le istituzioni locali devono fare rete, creare un fronte comune per una battaglia di civiltà che metta fine a questa situazione». La richiesta è chiara: investire nella sanità delle aree interne, rafforzare i presidi territoriali, garantire la presenza di medici e personale qualificato. «Non possiamo continuare a rassegnarci. Le nostre comunità non vogliono diventare cimiteri a cielo aperto. Vogliamo vivere, e per farlo abbiamo bisogno di strutture adeguate, di servizi efficienti, di una politica che guardi ai bisogni reali della gente», prosegue il sindacato.
La battaglia di tutti
Per il sindacato è necessaria una mobilitazione generale. «Ognuno deve fare la sua parte: le amministrazioni comunali, i rappresentanti politici, le associazioni di categoria, le comunità ecclesiali. Non possiamo permettere che il silenzio e l’indifferenza continuino a uccidere». «È tempo di reagire, di costruire un grande movimento che metta al centro il diritto alla salute per tutti, senza distinzioni di residenza. Non possiamo più aspettare», conclude il sindacato. L’urgenza è chiara: salvare vite e ridare speranza a chi, nonostante tutto, crede ancora nella possibilità di vivere e prosperare nelle piccole comunità delle zone interne.