L’ex candidato alla segreteria nazionale del Pd, Pippo Civati, ha presentato un’ interrogazione parlamentare al ministro della salute, Beatrice Lorenzin, a quello dell’Interno, Angelino Alfano e dell’Economia Pier Carlo Padoan per chiedere conto della stato di salute della sanità calabrese. «Dopo sette anni di piano di rientro dal disavanzo sanitario e di commissariamenti della Regione Calabria – scrive Civati – il servizio sanitario calabrese versa in una condizione pesantemente deficitaria che ha messo in discussione, il diritto costituzionale alla salute della regione. Nel corso degli anni l’offerta sanitaria pubblica è peggiorata, come dimostra l’aumento dell’emigrazione sanitaria passiva verso altre regioni. L’applicazione del piano di rientro si è, quindi, dimostrata per gli interroganti, fallimentare, senza mostrare fino ad oggi alcuna inversione di tendenza».
«Uno studio del 2012 – prosegue Civati – condotto dall’università svedese di Göteborg sulla qualità della sanità in Europa, ha collocato la Calabria all’ultimo posto tra le 172 regioni europee. Così come i dati Cnel sulla qualità dei servizi delle pubbliche amministrazioni hanno confermato che il sistema sanitario calabrese è il peggiore che ci sia in Europa; l’ultimo rapporto di verifica degli adempimenti dei livelli essenziali di assistenza (Lea) pubblicato sul sito del ministero della Salute, ha collocato la Calabria all’ultimo posto delle regioni d’Italia per il rispetto dei Lea».
«“A luglio 2016 – sottolinea l’ex dem ora alla guida del movimento Possibile – il commissario ad acta alla sanità della Calabria, Massimo Scura, ha emanato un nuovo decreto, il 64 del 5 luglio 2016, sulla riorganizzazione delle reti assistenziali, che ha modificato e integrato il precedente decreto n. 30 di marzo 2016, contestato da molti comuni calabresi per i tagli ai servizi sanitari, mantenendo però nei suoi contenuti a giudizio degli interroganti contraddizioni e approssimazioni; infatti, anche se il decreto è in linea con i tagli imposti dal Governo alla sanità pubblica calabrese, il commissario continua secondo gli interroganti, di fatto, a favorire un modello di sanità privata, e questo nonostante le evidenti carenze del sistema sanitario, come denunciato anche recentemente nell’atto aziendale del direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Cosenza, in Calabria ancora oggi non sono garantiti i livelli minimi di assistenza con una conseguente situazione di emergenza sanitaria e smantellamento dell’offerta sanitaria. Risulta ancora carente l’assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale rivolta ad anziani, disabili, pazienti psichiatrici e ai malati terminali».
Civati si sofferma, poi, sulla singolare situazione di Cosenza: «Da notizie di stampa si apprende, infatti, dell’anomalia del territorio della provincia di Cosenza dove, alle carenze dei servizi sanitari pubblici, si contrappone la presenza di 158 cliniche, strutture sanitarie private, accreditate al servizio sanitario nazionale. Considerando che la provincia di Cosenza conta 155 comuni “appare sinceramente assurdo che ci possa essere più di una clinica a paese. Ed è chiarissimo che intorno a queste strutture, la maggior parte delle quali stanno a Cosenza e sul Tirreno, girano miriadi di interessi, testimoniati dalle cifre”. Ogni anno le cliniche della provincia Cosenza ricevono qualcosa come 19-20 milioni di accreditamenti inseriti all’interno di un budget che quasi sempre viene anche superato».
Intorno alle cliniche «pertanto – rimarca il deputato – si coagula un flusso di denaro impressionante; questa condizione crea “terreno fertile” per le infiltrazioni mafiose, come denunciato anche recentemente nell’atto aziendale del direttore generale dell’Asp di Cosenza, dove si afferma che “la commissione antimafia insediatasi all’Asp di Cosenza, nel corso della precedente gestione, ha relazionato al prefetto di Cosenza sullo stato gestionale e rischio di infiltrazione mafiosa all’interno dell’Asp stessa”».
Civati a questo punto si domanda se «il governo sia a conoscenza della grave situazione descritta in premessa e quali iniziative di competenza intenda i assumere per garantire in Calabria i livelli essenziali di assistenza, in modo tale che sia garantito un servizio sanitario pubblico di qualità e di facile accesso a tutti i cittadini» e «se intenda fornire elementi sugli interventi di competenza in essere o programmati per scongiurare e contrastare ogni possibile infiltrazione mafiosa nella gestione del sistema sanitario calabrese; se non ritenga opportuno assumere iniziative per interrompere l’attuazione del piano di rientro dal debito sanitario calabrese e le gestioni commissariali, sulle cui problematicità più volte si è espressa la Corte costituzionale».