Accovacciati sotto alcune tende in contrada Boscarello con temperature a tratti pari o sotto lo zero. E’ questa l’Italia dell’Ospitalità? Calpestata, anche in questo caso, la carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Una tendopoli in bella vista, che molti conoscono, realizzata in un’area rurale tra lo scalo e Schiavonea. A pochi metri da ville lussuose. Un contrasto agghiacciante che ricalca le forti differenziazioni sociali di classe e di povertà. Ma quel che colpisce è la totale indifferenza e insensibilità da parte di tutti. Si rasenta l’indecenza comportamentale. Eppure, spesso, i calabresi passano per un popolo accogliente. E magari lo è, ma non in questo caso. Esistono responsabilità materiali ma anche morali.
La comunità di Schiavonea ha sempre dimostrato un’alta capacità di interazione sociale trasformata in ottima integrazione. A tratti qualcosa però si spezza. Prende sempre più corpo l’individualismo, l’egoismo, a scapito della solidarietà umana. Il gelo di queste ore rende quasi impossibile il contatto con l’esterno. A quei migranti, invece, il destino impone la convivenza con temperature insopportabili.
Quel che deve cambiare è l’approccio culturale tanto nelle istituzioni quanto nei cittadini. Giova ricordare come nelle ultime ore il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà abbia deciso di aprire le porte della casa comunale (Palazzo San Giorgio), a una sessantina di senzatetto indicati dalla Caritas Diocesana per ripararli dal gelo che sta attanagliando la città. Il tutto al fine di salvaguardarli dalle temperature polari di questi giorni.
Analoghe iniziative, seppure simboliche, potrebbero essere avviate da questi parti. Prevalentemente si tratta di marocchini, tunisini, algerini, impiegati nella raccolta degli agrumi.
La questione è stata più volte affrontata dalla Cgil di Corigliano che con senso di responsabilità ha tentato di sensibilizzare sull’argomento, invano. Della questione venne investito finanche Carlo Baldini (Cgil nazionale), il quale ebbe modo di sottolineare l’irresponsabilità delle istituzioni locali, regionali e nazionali. Le denunce vennero fatte nel 2015, sono trascorsi due anni e nulla è cambiato. Tra le proposte emergenti l’acquisizione di immobili di proprietà comunale o di beni confiscati alla mafia da destinare a residenza per i migranti.
Qualcosa in verità è stato fatto, a beneficiarne prevalentemente i migranti giunti in Italia mediante gli ultimi sbarchi. Manca al momento una vera politica alla povertà.
Chi vive nella miseria non può subire discriminazioni ulteriori. Né può ritenersi sopportabile l’idea che nel 2017 vi siano ancora cittadini costretti a dormire per strada o, peggio, vederli rovistare tra i cassonetti dell’immondizia nella speranza di rinvenire qualcosa di utile. Tutto questo rappresenta una sconfitta di tutti, non solo dei poveri.
Tra i meno abbienti, d’altronde, non vi sono solo soggetti di provenienza straniera, ma anche concittadini coriglianesi.
A tal riguardo si ricorda un recente episodio di un uomo che ha vissuto per molto tempo in una baracca in contrada S. Lucia, situazione risolta grazie alla sinergia Diocesi-Comune. Sarebbe il caso di avviare azioni concrete: meno parole più fatti. Vi è un vasto patrimonio immobiliare in capo ai comuni, alla Regione, all’Asp, da poter destinare a comunità di prima accoglienza o comunità alloggio. Qualcosa del genere pare si stia pensando nei pressi dell’area portuale.
Il problema è e rimane la contingenza.