CORIGLIANO Convinti dell’innocenza del proprio assistito gli avvocati Salvatore Sisca e Andrea Salcina, hanno presentato un ricorso straordinario per errore di fatto commesso dalla Corte Suprema di Cassazione nei confronti del proprio assistiti, Il coriglianese, Maurizio Barilari, di 47 anni, condannato nel novembre del 2015 a 27 anni e mezzo di reclusione, nell’ambito dell’operazione Timpone Rosso. Così, come detto si riapre lo scenario, su quel maxiprocesso che aveva visto la condanna, in via definitiva, dei responsabili d’una decina d’omicidi avvenuti a cavallo tra la fine degli anni Novanta ed i primi anni Duemila nell’intera Piana di Sibari insanguinata da una cruenta guerra ‘ndranghetista. Oggi, infatti, dinanzi alla Prima sezione penale della stessa suprema Corte di Cassazione, sarà discusso un ricorso straordinario per errore di fatto in difesa di Maurizio Barilari, già ritenuto capo ‘ndrina di Corigliano, condannato, come si diceva, a 27 anni e mezzo di reclusione per concorso nell’omicidio di Giorgio Cimino, ucciso a colpi di pistola in un bar di Corigliano il 24 maggio del 2001, e nel duplice omicidio di Giuseppe Vincenzo Fabbricatore e Vincenzo Campana, trucidati in un plateale agguato consumato a colpi di kalashnikov, il 25 marzo del 2002, lungo il tratto coriglianese della Statale 106 jonica. Il ricorso straordinario – dichiarato ammissibile – era stato presentato dagli avvocati Salvatore Sisca ed Andrea Salcina, difensori di Maurizio Barilari: «Secondo la nostra tesi difensiva – spiegano i due noti penalisti coriglianesi – i giudici della Quinta sezione penale della suprema Corte di Cassazione sono incorsi in alcuni errori di percezione che hanno inciso direttamente sul processo formativo della loro volontà, determinandola in una direzione diversa, ed hanno fondato la decisione su dei fatti la cui verità è esclusa da alcune prove che se fossero state esaminate avrebbero condotto ad altro risultato».