Le verità o pezzi di verità sulla fusione. Un progetto che nasce dal basso, da un comitato di cittadini che si allarga e coinvolge cento associazioni. I componenti incalzano per lungo periodo la classe politica ai vari livelli, la quale però sembra sonnecchiare. Il lavoro dei movimentisti pertanto sarà chiamato a svolgere molteplici sforzi a causa della ritrosia della politica. Poi il governo Renzi accelera, attualizza e introduce elementi di sostentamento a beneficio delle fusioni dei comuni, rendendo di fatto più agevole il compito del movimento.
Nel 2015 delibera all’unanimità il Consiglio comunale di Rossano, a distanza di un anno farà altrettanto l’assise civica di Corigliano. Negli ultimi mesi prende di petto l’istruttoria il parlamentare regionale Giuseppe Graziano e, attraverso l’approvazione di un ordine del giorno in Consiglio regionale, si dà l’ok all’indizione del referendum consultivo, non vincolante se non politicamente. Il governatore Oliverio, inizia a strizzare l’occhio al processo di fusione anche per ingraziarsi quel Renzi arrabbiatissimo con il presidente calabrese a causa dell’epilogo referendario sulla proposta di modifica costituzionale. Appena dopo l’approvazione in Consiglio regionale entra in gioco il sindaco di Cassano Gianni Papasso che chiede un momento di riflessione circa l’opportunità di creare la grande città di Sibari, obiettivo che comunque si può raggiungere anche dopo il referendum. Il vero dramma è tuttavia la politica locale del tutto immobile rispetto ad iniziative protese a sensibilizzare e costruire un progetto d’insieme. Il famoso contenitore. Se non si muove il comitato, insomma, tutto rimane fermo. Eppure si tratta di un progetto su cui sembrano crederci i due civici consessi. Perché cotanta paralisi? Da quel che emerge è come se si andasse più alla ricerca di elementi ostativi che non invece a una rincorsa a come meglio costruire la terza città della Calabria. Non a caso il sindaco di Corigliano Giuseppe Geraci poneva una questione di verifica finanziaria da avviare su Rossano, ancor prima di “impelagarsi” in un ragionamento di comune unico. Oggi verrebbe da chiedersi: ma chi vuole realmente la fusione? I cittadini, i disinteressati, appaiono entusiasti. D’altronde, nulla cambia se non : un unico sindaco, un’unica burocrazia, un unico consiglio comunale, oltre ai benefici di carattere economico ( tra finanziamenti e razionalizzazione alla spesa pubblica) cui i due enti sarebbero sottoposti. Il vero problema è che, forse, il potere politico/burocratico vuole lo status quo. E tutto questo per ragioni di interessi. L’organizzazione della macchina comunale di Corigliano non prevede le dirigenze, la dotazione organica di Rossano si. Questo significa che la burocrazia comunale di Corigliano funzionalmente dovrebbe dipendere dai dirigenti rossanesi. Verrebbe sottratto un bel potere: tra concessioni, pratiche urbanistiche, autorizzazioni, etc etc. Insomma un giro d’affari di non poco conto. Che nessuno è disposto a perdere. Piccoli orticelli che purtroppo intralciano il principio sacrosanto del bene comune. Ed ecco perché è importante promuovere, dal basso, iniziative di radicale conoscenza del progetto, scavalcando con garbo ogni forma di dissenso legato a interessi. Poi saranno i cittadini a decidere tramite l’urna. Questa si chiama: democrazia. Nel frattempo si rimane in attesa delle decisioni di Oliverio circa la fissazione della data, come ha fatto per il referendum di altri comuni interessati al progetto di fusione.
Tutto questo, ovviamente, se l’atteggiamento del sindaco di Cassano non dovesse stravolgere l’iter istruttorio avviato.