La Corte d’Appello di Catanzaro accoglie in toto le richieste avanzate dall’avvocato Francesco Nicoletti e assolve la ventunenne rossanese L.A., condannata in primo grado dal Tribunale di Castrovillari alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione con l’accusa di aver procurato un profitto a sé e al proprio compagno ricevendo denaro e oggetti provento di una rapina nonché tenendo costanti contatti con i correi e con ricettatori.
LA RAPINA La donna, così come riferito agli inquirenti, viene aggredita alle spalle mentre sta facendo rientro nella propria abitazione, posta in un centralissimo palazzo del centro storico di Rossano, intorno alle 19,15 del 28 luglio 2014. Nello specifico, uno degli aggressori le mette una mano sulla bocca intimandole di non gridare e di andare a prendere i soldi che ha in casa. In quel frangente spunta anche un coltello seghettato che uno dei malviventi le punta al collo, minacciandola di tagliarle la testa se non consegna gioielli e 30mila euro. Il tutto mentre l’altro le dice testualmente: “Ora scegli quale dito ti dobbiamo tagliare”. Perpetrata la rapina, i due immobilizzano la donna con del nastro adesivo su una poltrona, mettendole del nastro adesivo anche sulla bocca per impedirle di gridare. Poi la portano sul pianerottolo e suonano al campanello della vicina di casa, prima di darsi alla fuga. È quindi la vicina, vedendo la donna imbavagliata e legata, a prestare i primi soccorsi e a chiedere aiuto. Trasportata al Pronto Soccorso, alla anziana vengono refertate ecchimosi agli avambracci, eritema alla regione periorale, alle guance e allo zigomo sinistro.
LE INDAGINI E IL PROCESSO DI PRIMO GRADO Dalle captazioni ambientali registrate nel corso di una complessa attività di video-intercettazione effettuata dai Carabinieri all’interno della Casa di Reclusione di Rossano, emergono delle conversazioni tra la ventunenne L.A. e il suo compagno S.F.S. nelle quali si fa riferimento al “bottino” e alla spartizione dei proventi illeciti. Il Tribunale di Castrovillari condanna la donna alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ritenendo, in sentenza, che da alcuni stralci di conversazione pare scorgersi la possibilità, più che concreta, che la rapina sia stata organizzata con l’assenso di persone ben più potenti sul piano criminale.
IL PROCESSO DI SECONDO GRADO La Corte di Appello di Catanzaro, in totale accoglimento delle tesi difensive argomentate e della richiesta avanzata dall’avvocato Francesco Nicoletti, ribalta la pronuncia di primo grado ed emette una sentenza di assoluzione nei confronti della giovane L.A. con la formula “perché il fatto non sussiste”.
(fonte: comunicato stampa)