LONGOBUCCO L’accusa è pesante: voto scambio. Era uscita già in campagna elettorale. Ma adesso, grazie a Lucio Musolino de “Il Fatto Quotidiano”, ha avuto ribalta nazionale. Longobucco e le sue ultime elezioni comunali nel tritacarne mediatico. A finire nei guai, adesso, Mario Federico, fratello di Davide, assessore uscente e candidato a consigliere con la lista collegata al Sindaco eletto Giovanni Pirillo. La promessa dell’abbonamento mensa di 25 euro al mese in cambio del voto di una giovane mamma e di sua madre. “Stiamo tranquilli? – aggiunge – Io vi do la scheda. Allora io voglio che il voto di Davide esce proprio specifico. Il tuo e quello di tua mamma. L’impegno che devi prendere con tua mamma è scrivere ‘Federico D.’”. Questo quanto riporta Musolino sulle pagine de Il Fatto. Sulla questione interviene il Segretario questore del Consiglio regionale della Calabria, Giuseppe Graziano. Che, in qualità di Presidente nazionale de “Il Coraggio di Cambiare” stigmatizza quanto accaduto e quanto accade in questa società sempre più malata. Graziano, con il suo movimento, si era schierato a fianco dell’altro candidato a Sindaco, uscito sconfitto per pochi voti: Emanuele De Simone. “A Longobucco – dice Graziano -, secondo quanto riportato dalla stampa, sarebbe successo quello che speravamo non accadesse e da questo credo debbano saper prendere le distanze quanti, carichi di buon senso, ancora credono nei sani principi che alimentano la politica e la partecipazione. E sotto accusa – aggiunge – non ci sono soltanto le persone che si sono rese artefici e complici di questo modo di fare – su eventuali loro responsabilità faranno luce gli inquirenti – quanto un sistema che, ancora e purtroppo, continua ad essere soggiogato a questo modo di gestire la cosa pubblica. Il caso di Longobucco, per come raccontato dalla stampa, ci restituisce una comunità dove il margine di vittoria per l’elezione del nuovo Sindaco è stato di appena 24 voti (i fatti raccontati dal quotidiano nazionale interesserebbero proprio un candidato della lista vincente) e porta alla luce, dovessero essere i fatti confermati, un metodo clientelare e di compravendita del consenso elettorale che può influire in modo determinante all’esito finale della competizione elettorale”. Graziano non entra nel merito, giustamente. Ma cerca di prospettare possibili soluzioni. Che si devono andare a ricercare in un vero ricambio del modo di fare. “Cosa fare allora – si chiede Graziano – per evitare che tutto ciò possa ripetersi? Innanzitutto occorre ed è urgente un ricambio generazionale, che non significa rottamazione – la quale, come emerso a livello nazionale, ha prodotto ancora più danni del passato – bensì la crescita e l’inserimento all’interno degli apparati istituzionali di persone che abbiano a cuore il bene comune e che siano slegate dagli stereotipi del clientelismo e dai potentati partitici o familiari che da sempre gestiscono pacchetti di voti. E poi, come in ogni paese democratico e civile, occorre rivedere e applicare le leggi. Esistono norme nazionali come la 62/14, ad esempio, create proprio per debellare il fenomeno del voto di scambio, limitato però solo alle infiltrazioni di tipo mafioso. Ma la pratica del clientelismo – e la cronaca degli ultimi giorni, precisa ancora Graziano, ne ha data ampia testimonianza – non è prerogativa solo degli ambienti ufficialmente criminali. C’è un sistema ben più ampio e “legale” che va dai grandi parentati e termina a tutte quelle aree grigie dei potentati burocratici, aziendali e amministrativi che purtroppo, ancora oggi e maggiormente al Sud, condizionano – conclude – la scelta democratica del voto”. Un mal costume dilagante da contrastare. La magistratura spesso ha le mani legate da un sistema legislativo fin troppo garantista.