Con l’approvazione della Legge Regionale del 30.01.2018 è definitivamente istituita la città di Corigliano-Rossano, nuova realtà territoriale che si impone, con la forza dei suoi numeri, come nuovo soggetto con il quale confrontarsi. Diciamocelo chiaramente: questo tentativo è stato frustrato, ignorato, mortificato e deriso per decenni. Aver fallito l’obiettivo del riconoscimento come capoluogo di Provincia, non aver sfruttato l’opzione dell’Unione dei Comuni, che avrebbe consentito l’individuazione di una realtà territoriale anche più ampia di oggi, aver perso, ahimè, il tribunale, visti svanire i propositi di industrializzazione e sviluppo turistico, chiuso il polo produttivo dell’ENEL, aveva portato questo territorio a reclinarsi in una sorta di rassegnazione. Ma negli ultimi anni qualcosa improvvisamente è cambiato. Grazie all’iniziativa di associazioni e di molti cittadini volenterosi ed entusiasti, si è avviato, nello scetticismo del mondo politico e delle istituzioni, il processo che, con il referendum del 22/10/2017, ha condotto alla chiara ed inequivocabile volontà di vivere una nuova realtà unica tra due nuclei cittadini che, storicamente, avevano manifestato rivalità e gelosie. Ma la forza dei fatti e della ragione consente di superare ogni scetticismo e tentativo di ostruzionismo. Così nessuno può più tirarsi indietro. Ci siamo.
Come ogni rivoluzione che si rispetti il giorno dopo aver conseguito l’obiettivo, abbattuto il potere consolidato e creato i presupposti per una nuova alba e luminosa prospettiva, si viene assaliti dai dubbi, dalle incertezze, quasi dal panico, ma, soprattutto, dalle domande su cosa fare.
Come strutturare la nuova città? come immaginare il suo modello organizzativo? come armonizzare le strutture funzionali? Sarà, inesorabilmente, l’occasione per fare luce e chiarezza su alcuni aspetti oscuri della politica locale. La necessità di costruire un bilancio unico costringerà l’emersione dei magheggi e dei trucchi che hanno consentito l’approvazione, negli anni, di documenti palesemente falsi e mai rigorosamente censurati degli organismi di controllo, farà emergere ruoli funzionali più alla politica del consenso, che non alle esigenze dei cittadini, si sbarazzerà, definitivamente, dei tentativi di occultare informazioni utili per gli utenti, in una nuova stagione di chiarezza e trasparenza. Insomma un vero e proprio new deal, ossia un nuovo patto che potrà dare corpo e speranza di nuova linfa per questo territorio. La politica non ha, ovviamente, perso l’occasione per presentarsi con le vesti del protagonista, raccontando, ancora una volta, di quanto fosse nei loro pensieri e facesse palpitare il destino di questo territorio. Si sono presentati con un elenco di grandi opere, ancora promesse, ma, siamo certi, nuove e false illusioni.
Ma occorre guardare oltre, ritengo sia arrivato il tempo di passare dalla manutenzione del presente alla progettazione del domani, attraverso un approccio meno dogmatico e più prosaico, con l’obiettivo di definire un nuovo orizzonte degli eventi, per questa new town che ritengo debba essere inquadrata come una vera e propria start up, ossia una nuova entità che si presenta ai suoi cittadini come una novità non solo demografica, ma soprattutto di metodo, di contenuti, di innovazione, con al centro il tema del recupero della competitività e della qualità della vita. Ci piace immaginare che i nuovi bilanci che la città si avvierà ad approvare possano parlare proprio di questo, del rilancio delle opere pubbliche, degli investimenti produttivi, di nuova occupazione, misurandosi, magari, non solo sul piano dei numeri e degli equilibri ma anche del benessere enunciato o percepito. Ma chi si occupa di sviluppo e promozione sa, perfettamente, che le start up sono promosse da giovani imprenditori, visionari, persone con idee ma anche con l’entusiasmo e la determinazione per portare avanti progetti innovativi. Ed è a questi soggetti che dovremo guardare quando saremo chiamati ad eleggere la nuova classe dirigente. Giovani entusiasti, affamati, con idee, forza, determinazione e coraggio, privi di quelle incrostazioni che hanno contraddistinto i protagonisti del passato.
Victor Hugo diceva che l’avvenire è la porta ma il passato ne è la chiave. Spesso è più facile essere considerati un risultato del passato che una causa del futuro. A noi interessa molto il futuro, perché è lì che passeremo il resto della nostra vita.
Una eccessiva attribuzione di valore al peso dell’esperienza, valutata indipendentemente dalla specifica e singola realtà, rappresenta molto spesso un limite fortissimo al cambiamento necessario.
La cosiddetta filiera del futuro dovrà essere declinata sul fattore anagrafico, non priva, ovviamente, di quei contenuti minimi che possono far sperare in una palingenesi.
Ma ce ne sono di giovani con questi requisiti, ci si chiede, e c’è speranza per loro? Noi pensiamo di sì, e c’è sempre speranza se si aggiunge l’azione. Papa Francesco ha esortato i giovani: “per favore non fatevi rubare la speranza”. Se si danno da fare, se non scappano da questo territorio e dimostrano di amarlo pur con tutte le sue contraddizioni, se allargano i confini del loro orizzonte, avranno senza dubbio l’opportunità di conoscere cosa c’è oltre questa brillante prospettiva.
Non dobbiamo aver paura per il futuro dei giovani, quelli che si danno da fare, nonostante tutto. Nonostante le lauree a pieni voti e le attese deluse, nonostante si adattino a sbarcare il lunario nei call center o a fare i camerieri, nonostante l’incedere in bilico su un’esistenza precaria eppure in movimento: il segreto è continuare a camminare sul quella fune per non precipitare. No, non temiamo per il futuro di questi giovani perché se non qui, nel mondo una strada che li realizzi la troveranno”.
Antonio Capristo