IL PALAZZO CHE INGUAIA ARPACAL E REGIONE

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COSENZA La “Relazione sullo stato dell’Arpacal” piomba sulle scrivanie della Regione nell’aprile scorso e si annuncia come un terremoto. È un processo in piena regola – il “giudice istruttore” è il direttore generale del dipartimento Ambiente Domenico Pallaria – che lascia presagire condanne eccellenti. I vertici dell’Agenzia regionale per l’ambiente sono sotto accusa per gravi irregolarità. Nel clima di bonifica che Mario Oliverio annuncia per società in house ed enti controllati, quelle 15 pagine somigliano a un de profundis per Sabrina Santagati, Pietro De Sensi e Oscar Ielacqua, rispettivamente direttore generale, direttore amministrativo e direttore scientifico. Basterebbe la conclusione del primo paragrafo, nel quale «si evidenziano le principali inottemperanze, inadempienze e irregolarità perpetrate che hanno determinato la totale paralisi dell’Agenzia nello svolgimento delle fondamentali e strategiche attività assegnate». Incrostazioni vecchie (già segnalate nel 2012 dall’allora dg Bruno Gualtieri; alcune, però, antecedenti alla nomina dei tre) e nuove che hanno a che fare con la contabilità economica dell’Arpacal: «L’attività gestionale – riepiloga Pallaria – non ha mai rispettato i termini previsti dalla normativa regionale di riferimento per la presentazione del Bilancio di previsione annuale, del Bilancio assestato e del Rendicondo generale e non ha rispettato i termini previsti per la conclusione delle operazioni i cui impegni giuridicamente vincolati dovevano essere assunti dalle stazioni appaltanti entro il 31 dicembre 2010, con particolare riferimento all’acquisizione dell’immobile sito in Castrolibero da destinare a dorsale laboratoristica, attraverso risorse del Por Calabria 2000-2006». È proprio attorno all’acquisto di questo palazzo che ruotano molte delle contestazioni mosse ai dirigenti. Prima, però, il dg del dipartimento Ambiente ricorda quali sono i documenti contabili «attualmente non approvati dal consiglio regionale». Si tratta del Bilancio di previsione 2015, del Bilancio di previsione assestato 2014, del Bilancio di previsione assestato 2013 e dei Rendiconti generali che vanno dal 2010 al 2013.

IL PALAZZO INGUAIA I MANAGER C’è una contestazione comune rispetto a tutti i documenti contabili segnalati: sotto il versante finanziario l’acquisto dell’immobile a Castrolibero solleva più di qualche perplessità. L’Arpacal lo ha acquisito dopo una gara bandita nel febbraio 2009, alla quale ha partecipato una sola società, la Efim, finanziaria del gruppo cosentino Dodaro, i cui interessi, all’epoca, spaziavano dall’agroalimentare all’editoria (controllava il Quotidiano della Calabria). Base d’asta: 2 milioni e 200 mila euro. Offerta della Efim: 2 milioni 199mila. Uno “sconto” di mille euro. L’iter della gara è molto travagliato e finisce anche nel mirino dei revisori dei conti. La “Relazione sullo stato dell’Arpacal”, però, si concentra su altri aspetti. Secondo la Regione, le lentezze dell’Agenzia avrebbero causato la perdita del finanziamento con il quale si pensava di pagare l’immobile. Pallaria parla di comportamento «negligente». La somma avrebbe dovuto essere vincolata entro il 31 dicembre 2010, cosa che l’Arpacal aveva “promesso” di fare. La lentezza nelle procedure di gara, però, ha fatto slittare l’aggiudicazione definitiva al 3 marzo 2011. Troppo tardi per permettere di non perdere le somme, riassume l’atto d’accusa della Regione, che ritiene l’Arpacal «unica responsabile della perdita del finanziamento». E rincara la dose: «Non va sottaciuta l’attenzione della Procura di Catanzaro in merito alla questione, con l’acquisizione della documentazione agli atti». Sul piano tecnico, la spesa prevista – due milioni e 640mila euro – «non trova la corrispondente copertura finanziaria». La vendita è avvenuta troppo tardi per garantire la liberazione delle risorse del Por. Ma c’è di più: anche la procedura di acquisizione dell’immobile «non ha seguito l’iter procedimentale (…). La dirigenza dell’Arpacal ha provveduto alla sottoscrizione del contratto di compravendita e ad effettuare l’immediato pagamento dell’immobile in unica soluzione senza informare e/o richiedere, anteriormente alla sottoscrizione del rogito notarile, l’eventuale anticipazione delle risorse finanziarie necessarie al pagamento». In quel caso, visto il ritardo rispetto al termine ultimo del 31 dicembre, l’autorizzazione sarebbe stata negata. Ma l’Agenzia ha prima firmato il contratto e poi chiesto, ottendolo, il trasferimento dei fondi. La chiosa è durissima: «Così facendo, la dirigenza Arpacal ha operato una distrazione di fondi destinati alle attività ordinarie e la contestuale perdita delle risorse del Por Calabria, gravando il bilancio del corrispondente importo e generando una contestuale perdita».

LA RISPOSTA DEI DIRIGENTI I tre manager nel mirino rispondono a stretto giro alle contestazioni di Pallaria. Innanzitutto, l’acquisto dell’immobile è stato «coadiuvato da una dirigenza Arpacal diversa da quella attuale» e poi «le responsabilità sono tutte sub judice, in quanto pende un giudizio civile di Arpacal nei confronti della Regione e in quanto risultano essere in corso diverse indagini da parte della Procura della Repubblica, rispetto alle quali non si conoscono né gli atti né gli indagati. E all’esito di questi procedimenti non è da escludere che entri in gioco anche la Procura regionale della Corte dei conti». Troppo sbrigative, insomma, le conclusioni di Pallaria, almeno secondo i dirigenti. Anche perché, dal carteggio inserito nelle controdeduzioni, risulta che i vertici Arpacal sarebbero venuti a conoscenza che il termine ultimo per concludere la compravendita era il 31 dicembre 2010 soltanto il 13 ottobre 2011, «ormai fuori tempo massimo». Arpacal ha, in sostanza, anticipato i soldi da girare alla Efim e i dirigenti non si ritengono responsabili della perdita del finanziamento comunitario, considerando diffamanti le accuse di Pallaria. C’è di peggio: secondo Santagati, De Sensi e Ielacqua – che basano la propria valutazione su una nota del dipartimento Programmazione – «il dipartimento Ambiente, prima dell’acquisto dell’immobile da parte dell’allora commissario dell’Arpacal, sapeva dell’orientamento negativo dell’Uver (Unità di verifica degli investimenti pubblici, ndr) per il riconoscimento dell’impegno giuridicamente vincolante e lo ha sottaciuto al proprio ente vigilato». Tutto agli atti. Prima le durissime accuse, poi la difesa – se possibile – ancor più dura. Da maggio in poi, del procedimento contro i vertici dell’Arpacal non si hanno più notizie. Ma la tensione è altissima. Quel palazzo a Castrolibero ha messo la Regione (o l’Arpacal, a seconda dei punti di vista) nei guai.
(fonte corrieredellacalabria.it)

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