Le indagini che in queste ultime settimane hanno portato a numerosi provvedimenti giudiziari ed al palesarsi di una fitta rete di interessi e rapporti indebiti tra amministrazioni comunali e mondo imprenditoriale, dovrebbero far riflettere sia i cittadini sia la politica su cosa è diventato il mondo degli appalti nel nostro territorio.
Le indagini, da quella sul taglio boschivo a quella che vede coinvolta il sindaco di Cariati, passando per quelle sull’alluvione del 2015 e sugli appalti nel comune di Corigliano, mettono in evidenza un sistema d’illegalità diffuso che, da un lato, danneggiava gli interessi della collettività e delle singole amministrazioni comunali, dall’altro metteva in un angolo le ditte che non riuscivano a partecipare all’assegnazione degli appalti. Un sistema di omissioni, silenzi, mancate denunce e corruzione che emerge con nitidezza al punto tale da farci chiedere come fosse possibile che nessuno, per anni, fosse mai intervenuto? Perché uno degli elementi che appare chiaro è proprio come il sistema fosse consolidato e duraturo. Naturalmente aspettiamo che la giustizia faccia il suo corso e delinei in maniera chiara le responsabilità personali. Quello che più colpisce è, però, appunto, come le amministrazioni comunali non siano state capaci di fermare e, nel caso, denunciare le irregolarità.Ora, però, proprio in vista di una lunga campagna elettorale per le amministrative di Corigliano-Rossano, occorre ragionare anche su come si voglia affrontare e rompere in maniera definitiva questo rapporto malsano. Normalità – parola che non ha residenza alle nostre latitudini – vorrebbe che tutti quei soggetti che hanno interessi e/o rapporti economici con le amministrazioni non possano partecipare, direttamente ed indirettamente, alle elezioni. Sono normali norme di legge che, ed è evidente, nei nostri comuni vengono regolarmente ignorate. Occorre, oggi, iniziare a mettere un primo punto fermo su una pratica che ha, nel corso degli anni, provocato danni enormi al nostro territorio, sia dal punto di vista ambientale, sia dal punto di vista economico. Pensiamo solo al danno incalcolabile che si è provocato con la costruzione in zone a rischio idrogeologico.
Non si vuole criminalizzare una categoria che, anzi, esce fortemente – nella sua complessità – danneggiata proprio da questi rapporti impropri, ma occorre che i due mondi, politica ed impresa, tornino a parlarsi solo attraverso i normali canali di comunicazione.
Occorre che le forze politiche e civiche scelgano di non essere complici, di rinunciare a quei pacchetti di voti che, troppo spesso, hanno condizionato anche scelte importanti su ciò che volevamo che fosse la nostra terra. Ed è la grande opportunità che oggi offre la fusione e le nuove elezioni amministrative: scegliere di costruire schieramenti civici e politici nuovi, trasparenti, che puntino sulle idee, sui programmi e su quelli si sfidino. Schieramenti che riescano a rispondere a quel rinnovamento politico, sociale e culturale che, oggi, risulta indispensabile a questa terra. E’ questa la vera sfida che assume un’importanza ancora maggiore rispetto alle deduzioni giudiziarie. Se mancheremo quest’obiettivo, se ci rinchiuderemo ancora una volta in quel sistema che ha prodotto l’alluvione del 2015, l’emergenza rifiuti, l’abusivismo edilizio che ha imbruttito le nostre città, allora sarà li che la fusione avrà già perso in partenza la sfida.
Ricordiamoci sempre che “La Natura Divina ci ha dato la campagna, l’arte umana ha costruito le città” (Marco Terenzio Varrone). E, sin qui, abbiamo offeso entrambe abbastanza.
(fonte:comunicato stampa )