Corigliano Rossano – Classe dirigente e tessuto sociale, o viceversa, tutti insieme abbiamo avuto la capacità di far cadere in “pescrizione morale” i motivi e le ragioni che si celano dietro la chiusura dell’ex tribunale di Rossano, oggi di Corigliano Rossano. Si è riusciti ad anestetizzare le coscienze, ad uccidere quella indignazione necessaria a combattere un sopruso di Stato, mai chiarito e mai motivato almeno formalmente. E così accadde che nel 2012 si decise, in nome di una non meglio comprensibile spending review di chiudere un solo tribunale in Calabria, quello di Rossano. E a nulla sono valse le denunce contenute nei vari dossier o nelle interrogazioni parlamentari a cui non si è mai fornita risposta, né alle dichiarazioni forti come quelle rese dal Sen. Buemi quando parlava di carte false, o ai fascicoli depositati presso le più alte cariche dello Stato. A nessuno è interessato scoperchiare pentole nelle quali anche prestigiose figure istituzionali relazionavano a proprio comodo e a seconda delle proprie esigenze circa la reale capienza dell’attuale tribunale di Castrovillari. Per non parlare della sua agibilità. Ancora oggi, a distanza di ben 7 anni non si riesce a far venire a galla la verità, nonostante un nuovo governo che sprizza moralità da tutte le parti ma che non intende far conoscere ai cittadini le ragioni della chiusura dell’ex tribunale di Rossano. E deve far riflettere l’approccio culturale del nostro territorio al tema, di sufficienza forse cointeressata. Ci si chiede come possa essere possibile che determinate affermazioni si debbano ascoltare da un amministratore estraneo al territorio e non già da eletti espressione di questo territorio. Come non ricordare l’iniziativa organizzata qualche mese da I&C del Coordinamento nazionale Giustizia di Prossimità che si batte per la riapertura dei tribunali, quando il sindaco di Mistretta Liborio Porracciolo affermava testualmente : “ Si chiude il tribunale di Rossano e magari se ne salva uno vicino a qualche parlamentare di riferimento! Queste cose le dobbiamo dire!”. Le dice il sindaco di Mistretta, estraneo a questa terra e qui da noi tutti con il capo chino di fronte a una battaglia che grida civiltà, giustizia e senso etico. Bravi però a fare i moralisti per fatti decisamente risibili rispetto a questa porcheria di Stato! La battaglia civile non era tanto la riapertura del tribunale ma prevalentemente colpire il sistema di un metodo che risponde alla legge del “più forte politicamente”, colpestando ogni regola, e non già di ciò che è giusto! E tutto questo a danno di quanti oggi con enormi sacrifici continuano a patire l’indifferenza delle istituzioni. Ci siamo posti, come popolazione, e continuiamo a farlo come dei mendicanti, sempre con la mentalità dal cappello in mano. Dai 4 parlamentari eletti in questa terra attendiamo ancora di conoscere, a distanza di oltre un anno dalla loro elezione, le ragioni formali di quell’anomala chiusura. Basta semplicemente, con i poteri ispettivi in quota ai parlamentari, entrare nelle stanze della burocrazia e acquisire fascicoli, verbali, e dichiarazioni contrastanti rese. E il gioco è fatto. Invece questa partita si tiene volutamente nel sotto traccia, mascherando tale grave omissione dietro l’impegno della riapertura dei 28/30 tribunali su scala nazionale. E visto che la questione morale è spesso chiamata in causa dai tre candidati a sindaco, ci si augura che spendano una parola su questa porcheria mai chiarita! La richiesta di riapertura è altra cosa…