Un sold out raggiunto a scatola chiusa in tre ore dalla messa in vendita dei biglietti. Perché i cosentini si fidano della penna creativa del poeta giardiniere che ha promesso per la fine dell’anno anche l’uscita di un musical teatrale.
Andùra, che nel significato dialettale cosentino significa “poco fa”, nasce dall’amicizia che lega il poeta giardiniere Crocco all’amico Roberto Giacomantonio, amato dal pubblico per l’interpretazione di vari personaggi, tra cui ricordiamo il più famoso “Signor Dio” in Conzativicci. Ed è proprio il forte legame affettivo vissuto nella quotidianità che ha portato i due amici a voler andare oltre l’opera teatrale che racconta non “una” storia: questa volta in scena Crocco racconta “la” storia di Roberto “Jack Rob” che della sua carrozzina ne ha fatto un punto di forza, un punto di partenza per vivere la vita al pari e anche in modo migliore di chi non deve fare i conti con una quotidianità “diversa”.
L’opera teatrale è diretta dalla regista Francesca Marchese, in via eccezionale anche interprete di un ruolo importante e fondamentale nel contesto della commedia: la madre Vincenzina. Una regia che ha saputo incarnare negli attori il significato vero, la visione giusta di questa reale storia di vita che Crocco ha trasformato in una brillante opera teatrale che arriva dritta al cuore.
Un genere di teatro diverso da quello a cui ha abituato il pubblico ma più profondo e coinvolgente che fa rimanere con il fiato sospeso fino all’ultimo atto. La storia di Roberto Giacomantonio in realtà narra la vita di due Roberto: la possibilità di vivere una vita normale e quella vissuta in carrozzina. Una doppia visione che porta alla riflessione di quanto pregiudizio si possa avere e lancia un chiaro messaggio: “non esiste la disabilità ma gli occhi di chi ti sta attorno”.
Crocco e Giacomantonio con questa commedia biografica provano a “scardinare l’ignoranza” in una società che ha una visione errata sulla disabilità vista come problema, come diversità, e non come la normalità.
La commedia
La trama della storia prende vita da una partita di calcio Cosenza – Udinese: il famoso palo di Lombardo, una vittoria mancata con cui 30 anni fa, la città si giocò la promozione in A. La vita di Roberto si riflette in uno specchio in cui c’è il suo alter ego, interpretato da Antonio Filippelli che vive una quotidianità normale, senza malattia, senza disabilità perché quel pallone calciato da Lombardo, invece di prendere il palo entrò in rete. Un connubio tra passione, sentimento, riflessione, ma soprattutto il coraggio di Roberto, di mettere a nudo la propria disabilità per toccare le coscienze e far comprendere che oltre la disabilità c’è una ricchezza di vita.
Per sapere come finisce la storia bisogna solo andare a teatro. Crocco ha promesso una replica e attendiamo la data. Gli altri personaggi e interpreti sono Maria Noemi Gervasi nella veste di Anna, la sorella di Roberto; Gianmarco Magarò e Enzo Mario Granato che interpretano Roberto da piccolo; Sara Muto nella veste della fidanzata Sara; Michela Speziale nella veste di figlia. Con la partecipazione della danzatrice Ida Luchetta e la voce telecronaca di Federico Bria
Le parole di Sergio Crocco
«Andùra è una questione di spazio – tempo, perché ho sempre immaginato che l’Andùra di Roberto non è il mio Andùra. L’ho visto una volta, quando mi sono trovato in macchina con Roberto ed ho constatato il tempo che impiegai io a scendere dalla macchina e quello impiegato da Roberto; ho capito che il mio poco fa non è quello di Roberto, un Andùra aleatorio a secondo delle persone che lo vivono.
Ho voluto capire la quotidianità di Roberto e, quindi, la quotidianità dei disabili, tanti ragazzi che vivono il quotidiano nella normalità ma con tempi diversi dai nostri e questa sfaccettatura della disabilità nella quotidianità della vita è molto nascosta, nessuno si rende conto. Se non la si vive da familiare ti fermi solo alla constatazione di avere davanti una persona disabile ma non vai a fondo. Molte volte è pesante ma c’è dietro un mondo, anche molto tecnologico per certi versi, con l’uso di attrezzature, come la pinzetta e altro ancora».
Roberto è un prototipo di disabile…poco disabile
«Il messaggio che vorrei giungesse al pubblico è che la disabilità è una condizione che è reale perché la carrozzina c’è, ma può dare l’opportunità di altre mille abilità e Roberto è l’esempio lampante di colui che vive la sua disabilità nella normalità più assoluta con un valore aggiunto che la impreziosisce ancora di più.
Le abilità possono essere tante e vanno sempre viste con occhio positivo sempre nel rispetto delle difficoltà che nella commedia si mostreranno»
Due Roberto, due vite, una visione
«Un completamento dei due Roberto che alla fine è sempre uno. Un colloquio tra la persona in piedi e quella in carrozzina che sono uguali e hanno le stesse possibilità ma in modo diverso: possono arrivare ad una ragazza ma in modo diverso, possono viaggiare in macchina fino a Roma, e possono farlo entrambi. E’ un completamento tra il Roberto in carrozzina e il Roberto guarito, sano, per via di un miracolo sportivo»
Il palo di Lombardo
«Il palo di Lombardo a Cosenza ormai è famoso. Se fosse entrato in porta il pallone il Cosenza sarebbe salito in serie A. Io ho immaginato un cambio di storia, del destino legato a quel pallone che il Roberto sano vede entrare in porta e quello disabile lo vede finire contro il palo. Secondo me, spostandomi un attimo con la mente a quel pallone, se il Cosenza fosse salito in serie A oggi la storia di Cosenza sarebbe diversa e quindi ho voluto trasferire questa ipotesi»
La storia di ognuno di noi
Roberto fa i conti con se stesso e probabilmente si domanda come sarebbe stata la sua vita senza la carrozzina. Una domanda che non ha una risposta scontata nonostante si pensi il contrario. Non è certa perché ognuno ha una storia che va a scontrarsi con la vita, con il quotidiano. E Roberto la sua l’ha vissuta in carrozzina…Non c’è la risposta ma non c’è la certezza che avrebbe potuto vivere in modo migliore o peggiore.
(comunicato stampa)