Lettera aperta inviata dal Prof. Isidoro Esposito – artista e studioso di storia dell’arte
Inizio con alcuni viaggi nella città partenopea dal Tesoro di San Gennaro Duomo di Napoli e poi nel Museo del tesoro di San Gennaro con ingresso sul lato destro dello stesso Duomo, dove sono custoditi tanti capolavori in argento e oro, scatto centinaia di foto poi a casa analizzo tutti i dettagli e i vari stilemi, ingrandisco al computer le opere. Una in particolare mi suscita interesse, un busto posto in una nicchia del tesoro di San Gennaro. E’ il San Domenico reliquiario che si disvela con il suo “ Manto Fiorito” uguale al Simulacro argenteo dell’Achiropita , nostra Patrona. In un paio di visite, sono stato accompagnato da due miei amici di sempre di Napoli, una volta con lo Storico Dell’Arte Mimmo Natale e, un’altra con il pittore Raffaele Boemio, li cito perché mi hanno portato fortuna con la loro presenza; subito dopo inizia la ricerca di testimonianze e di documentazione, comincio a trovare una scheda del fondo Tumidei ripresa dal Fondo Federico Zeri, Università di bologna che descrive il busto reliquiario assegnato al Sammartino nel libro di Elio e Corrado Catello “SCULTURA IN ARGENTO nel Sei e Settecento a Napoli” . Non potendo partire subito per Napoli mi affido al mio amico Mimmo natale chiedendogli la cortesia di cercare nel libro dei Catello tutte le notizie sul busto reliquario di San Domenico, dopo un paio di giorni, senza perdere tempo, lo Storico dell’Arte Mimmo Natale mi invia la foto di alcune pagine degli autori richiesti e cercati nella Biblioteca Nazionale di Napoli. Dopo l’attenta lettura mi trovo nella condizione di chiarire come stanno le cose.
Poche sono le notizie biografiche sul Sammartino negli Anni 40 del Settecento. Nasce a Napoli nel 1720. Si formò nella bottega di Matteo di Matteo Bottiglieri e scarne sono le notizie del suo esordio come scultore, nel 1746 realizzo’ due puttini quando lavorava nella bottega di Antonio di Lucca, forse destinati ad un altare.
Dal 1747 il Sammartino lavora presso la Cattedrale di Monopoli, in Puglia, dove realizza due sculture a grandezza naturale di San Giuseppe e San Michele Arcangelo.
Probabilmente nel 1751 realizza l’opera più famosa del suo repertorio, il Cristo velato per Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero. Oggi i turisti e gli uomini di Cultura di tutto il mondo, vengono a Napoli per ammirare il Cristo velato e le altre opere della Cappella di Sansevero, quando si passa nei pressi della famosa Cappella si vedono lunghe file di turisti. Dopo la realizzazione di questo capolavoro diventa artista di chiara fama.
Nel 1760 realizza l’Altare Maggiore della Nunziatella ( già ideato nel 1742) e un altare simile anche nella Cattedrale di Cosenza, Cappella della Madonna del Pilerio.
Sempre più famoso viene chiamato da Giustino Nervini, Rettore della Certosa di San Martino per decorare le due cappelle dell’Assunta e di san Martino ricevendo la commissione di quattro statue.
Nel 1763, dopo alcune vicende poco chiare in merito a concorsi e concorrenti, con protagonisti il Sammartino e il Vanvitelli, autore della Reggia di Caserta, lo scultore è incaricato a realizzare 14 statue che finisce in 18 mesi, per il Foro Coriolano, oggi Piazza Dante. Al completamento di questo lavoro, viene proposto quale membro dell’Accademia delle belle arti.
Alla Morte di Luigi Vanvitelli, gli subentrò, come architetto regio il figlio Carlo, da quel momento il Sammartino divenne lo scultore più conteso dalle principali famiglie napoletane, anche la corte borbonica commissionò molti lavori nell’appartamento della regina del palazzo reale, compreso opere in stucco a tutt’oggi non ancora identificati.
Lavora realizzando sculture con San Pietro e Paolo, Mosè e Aronne, e due Angeli reggi.
Lavora Tantissimo in Puglia, per la Cattedrale di Taranto, Cappellone di San Cataldo, con otto statue di Grandi Dimensioni: San Francesco d’Assisi; San Filippo Neri; San Domenico, soggetto importantissimo ai fini della nostra ricerca difatti questa opera autografa del Sammartino è il modello da cui è tratto il Busto reliquiario di san Domenico, del Museo del Tesoro di San Gennaro , gemello nel Manto Fiorito come la nostra Achiropita; San Francesco di Paola; Santa Irene; San Giovanni Gualberto, San Giuseppe; realizzate nel 1773, su commissione del Vescovo Monsignor Mastrilli.
Queste Statue costituiscono la maggiore concentrazione di statue del Sammartino e da considerare l’insieme più famoso e completo dello scultore napoletano.
Lavora nella cattedrale di Monopoli, dove realizza il San Michele Arcangelo, a Foggia con l’altare Maggiore simile a quelli della Nunziatella e al duomo di Cosenza. Nel 1769, a Martinafranca, chiesa di san Martino con il fratello Gennaro che progetta l’altare maggiore e lo scultore realizza il paliotto dell’altare e le sculture della Carità e dell’Abbondanza. Nel 1793 viene commissionata allo scultore la scultura del paliotto e di due putti capialtari, presso la chiesa di San Lorenzo delle benedettine, a San Severo, su progetto del fratello Gennaro ma dopo pochi mesi lo scultore si ammala e il 12 dicembre del delle stesso anno muore , il paliotto dell’altare maggiore è ritenuto suo , il resto dei suoi allievi.
Costanzo Mellino
Da: Sculture preziose: oreficeria sacra nel lazio dal XIII al XVIII secolo, di Benedetta Montevecchi, Alessandra Acconci, Dora Catalano . Gangemi Editore.
Calice argento fuso, sbalzato, cesellato e dorato, altezza 30 cm, diametro coppa9,5 cm, punzone bollo amministrativo – regno di Napoli: bollo consolare. Provenienza Gaeta, chiesa di santa Maria in Portosalvo, Gaeta, Museo Diocesano- sulla base mistilinea, ornata da tre statuine raffiguranti san Carlo Borromeo, san Francesco di Paola e una santa non identificata, insiste il semplice gusto ornato da festoni di frutta, mentre le spighe di grano, alternato a grappoli d’uva, decorano il sottocoppa. Il calice interamente dorato, proveniente dalla chiesa locale di Santa Maria in Portosalvo, presenta il bollo del regno di Napoli, leggibile solo nella ultima cifra del millesimo e quello consolare CM, non intervallato da punti, che si ripete due volte. Questo Punzone, a lungo attribuito a Cristoforo Mellino (Elio Catello, 1973, p.p. 99-100; Elio Catello 1966 p. 32), è stato in tempi più recenti riferito all’argentiere napoletano, probabilmente discendente del primo, Costanzo Mellino che lo utilizza in un busto argenteo della Madonna con Bambino a Rossano nel 1768 ( si tratta della nostra Achiropitain argento) e in un altrobusto reliquiario a Corato nel 1770( Catello 2000, P. 120 e P. 133; Si Tratta del Busto di San Cataldo a Corato.
Allego alcune pagine di Elio Catello e Corrado Catello e scheda tratta dal fondo fototeca Stefano Tumidei sul san Domenico in argento del tesoro di san Gennaro , riportata dalla fondazione Federico Zeri, Bologna.
Conclusioni
- La straordinaria somiglianza del manto fiorito, della nostra opera d’arte, con quello del San Domenico, portato come esempio con foto e schede, assegnato dalla critica al Sammartino, per aspetto stilistico e bibliografico, con argentiere ignoto, mi porta a pensare che l’argentiere Costanzo Mellino, con punzone impresso sull’Achiropita, possa essere l’argentiere ignoto del San Domenico e, di conseguenza, i due artisti autori delle due opere. Le due opere hanno, anche, le relative piccole teche porta reliquie molto simili.
- San Domenico di marmo, nel Cappellone della Cattedrale di Taranto, Opera autografa del Sammartino, è stato utilizzato, per il modello del busto reliquario del San Domenico. La scoperta di questa opera del Sammartino, toglie qualsiasi dubbio a Elio Catello sull’autore del San Domenico facente parte del tesoro di San Gennaro.
- La quarta opera osservata, la Statua in argento e bronzo dorato, del San Rocco, Ruvo di Puglia, realizzata 25 anni dopo il nostro simulacro argenteo è considerata opera autografa dello scultore Giuseppe Sammartino; rappresenta ancora quella tipologia di manto fiorito, seppure, in questo caso, i fiori sono più piccoli, quasi certamente adattati per la figura intera, realizzata e cesellata dall’ argentiere -Biagio Giordano, Napoli,1793.
- Durante questa ricerca, non ho potuto fare a menodi lasciare inosservati tre bozzetti in argento con l’Achiropita, San Nilo e San Bartolomeo da Rossano; probabilmente pensati o proposti all’arcivescovo Stanislao Poliastri per farne un opera monumentale per l’altare maggiore della nostra cattedrale e in un secondo momento abbandonato come idea, forse, troppo costosa, rimanendo il solo simulacro dell’Achiropita effettivamente finito e per ricordare un terribile carestia. Bisogna approfondire e continuare a ricercare documenti di eventuali contratti con firme dell’Arcivescovo Stanislao Poliastri e di Costanzo mellino sia nell’archivio diocesano di Rossano che negli archivi di Napoli.
Breve biografia
Isidoro Esposito, artista e Studioso di storia Dell’arte, nasce e vive a Rossano. Ha conseguito, due Lauree, una all’Accademia delle Belle Arti di Napoli e l’altra al Dams, indirizzo Storico –Artistico presso l’Università della Calabria, i suoi interessi scientifici sono rivolti alla storiografia artistica e all’architettura bizantina e medievale con un’attenzione particolare al panorama culturale della sua città e del territorio circostante. Ha curato molte iniziative e visite guidate ai monumenti, finalizzate a coinvolgere i giovani sui grandi temi, legati alla scoperta del proprio territorio ha al suo attivo partecipazioni, come organizzatore e relatore, a convegni e dibattiti sulla conservazione del patrimonio storico- artistico, difatti ,sempre con gli alunni ha organizzato nove Mini Convegni nella sala Rossa di Palazzo San Bernardino, da due anni, a ottobre si concludono i 10 incontri con la Storia dell’Arte, al Circolo Culturale Rossanese. E’ autore del libro
“ Il Codex e il disco aureo perduto”. Come Artista partecipa pratica la pittoscultura, performance, scultura e pittura, sue opere sono custodite nel museo d’Arte Contemporanea “ Limen Art” di Vibo Valentia, ha di recente esposto al Museo del Codex , A Castel dell’ovo, al museo del presente di Rende .