L’edificio venne pensato approfittando della presenza al governo dell’on. Gennaro Cassiani (1903-1978), di Spezzano Albanese, ministro delle Poste e Comunicazioni dal 1954 al 1955. Grazie al ministro, conterraneo, si ritenne di dotare la Città di un moderno ufficio postale. Il 31 luglio 1954 la Nuova Rossano annunciava entusiasta, in prima pagina, la notizia del telegramma inviato da Cassiani al Sindaco con la notizia dello stanziamento di fondi per la costruzione del nuovo ufficio postale e di quattro appartamenti per gli impiegati.
Sindaco dell’epoca era Ferdinando Mingrone, eletto nel 1952. Ma dove costruire questo benedetto ufficio? La scelta degli amministratori locali cadde proprio su Piazza Steri, il centro pulsante del paese. Non tutti videro di buon occhio la nuova opera. Prese di posizioni contrarie, indignate, ci furono, come quella di Girolamo Castello e di Francesco Saverio Pisani. La Nuova Rossano sul n. 5 del 1961 precisò che “la costruzione dell’Ufficio Postale … non ha mai trovato le nostre simpatie, né quelle di gente ugualmente dotata di buongusto”. Insomma, si ebbero sottoscrizioni e proteste, ma senza produrre nulla, nemmeno nella mente degli elettori. Infatti alle elezioni amministrative del 1956 gli schieramenti politici confermarono – più o meno – gli stessi consensi avuti nella precedente competizione elettorale. Ratificando così la vistosa opera pubblica che non aveva scosso più di tanto l’opinione pubblica. Nel 1958 terminarono i lavori e nel ‘59 ci fu l’inaugurazione ufficiale con l’on. Cassiani.
Poi tante cartoline dell’epoca immortalarono la costruzione, diffondendo un’immagine di Rossano legata anche a quest’opera.
Oggi è facile giudicare l’operazione. Ma quando una persona è affamata, un semplice tozzo di pane riesce a sfamarla. Per un’altra, invece, abituata a pranzare regolarmente, il pane dev’essere di una certa qualità e il companatico di livello. E Rossano, a quei tempi, era affamata. Molto affamata di case, di ospedale, di scuole, di tribunale, di uffici pubblici, come di frigoriferi, di automobili, di televisione. Poi arrivò anche la fame di seconde case. Questi erano gli obiettivi sociali dominanti in quell’epoca, senza curarsi delle conseguenze paesaggistiche. D’altra parte in Città mancava una intellighenzia, una classe politica, che riuscisse a immaginare e progettare, fin dagli anni ’50, lo sviluppo della Città allo Scalo, riservando al Centro Storico il ruolo di salotto buono. Insomma, si sarebbe potuto mangiare lo stesso, ma apparecchiando la tavola in un altro luogo, alla Stazione. Gli esempi di città organizzate con un disegno di questo tipo non mancano, uno per tutti Orvieto che allo Scalo ha la sua parte nuova, mentre la città antica è rimasta il gioiello di sempre. A Rossano, invece, tutti ricordano i grandi dibattiti contro la spoliazione del Centro Storico, con la conseguente cementificazione: la costruzione del tribunale, di case al Traforo, al Cozzo, al Cimitero Vecchio, l’insediamento del “trenino” nella classica passeggiata di Santo Stefano e l’edificazione ovunque si potesse recuperare un’aria da sfruttare.
Così oggi quelle scelte stanno lì a ricordare che ci fu un periodo della storia locale in cui la società scelse il cemento a scapito del bello, a differenza di un passato in cui si era verificato l’inverso. Infatti, quando dopo il terremoto del 1836 si dovettero erigere nuovi edifici, per la costruzione del Palazzo Martucci venne affidato l’incarico all’architetto napoletano Orazio Dentice, che si occupò anche della ricostruzione della Cattedrale di Cariati. E la Rossano attuale deve il suo aspetto dignitoso ai bei palazzi, alle belle chiese e all’opera di decoro cittadino portata avanti, a fine ’800, dal sindaco Luca de Rosis junior.
Oggi, che i guai ormai sono stati fatti, oltre che indignarci per le violenze fatte sul bello, dobbiamo chiederci come migliorare il brutto che il Novecento, con le sue guerre, crisi, boom, consumismo, ci ha lasciato.
Il Centro Storico, oltre alle Poste, ormai è pieno di altre grandi e piccole brutture. Finestre di antiche case sono diventate balconi, storici balconi con ringhiere di ferro battuto sono stati stravolti, facciate di palazzi sono state deturpate con tettoie e ulteriori ingressi, belle finestre sono state modernizzate con tapparelle e infissi in alluminio, e si potrebbe continuare.
A differenza del passato, però, di questi tempi si respira una nuova sensibilità verso tale fenomeno. E allora che fare? Perché qualcosa occorrerà pur fare. Innanzitutto bisognerebbe riappropriarsi del controllo estetico sul paesaggio, fare una ricognizione delle opere “incongrue” rispetto al contesto, classificarle e studiarle caso per caso in modo da cercare di trovare per ognuna la soluzione più intelligente, più economica, più a portata di mano, per correggere, o quanto meno nascondere il più possibile le brutture. È un lavoro principalmente di sensibilità, intelligenza e passione, ma pur sempre è un lavoro possibile, non un’illusione. E comunque se fosse un’illusione, governare è anche una sfida a cercare di dare le gambe alle illusioni, altrimenti basterebbe mettere la cosa pubblica in mano a dei bravi ragionieri che sappiano far di conto. Forse si può provare, la nuova Città ha le intelligenze, le professionalità e le passioni che potrebbero mettersi al lavoro per raccogliere questa sfida.
I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C
Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a
Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica
sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato
il romanzo Le tentazioni della
politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri
del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito
anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione
dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,
Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,
Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.
Da fotografo dilettante cerca di cogliere
con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio
e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie
su Rossano Se chiudo gli occhi.