Ancora violenza a Corigliano Rossano, UGCI: Come educare le nuove generazioni?

Anna Lasso

Corigliano Rossano – In una notte di fine settembre, il sonno dei cittadini dell’area urbana di Corigliano è stato ancora una volta turbato da suoni cupi ed inquietanti, come se non bastasse l’ansia con la quale, ormai da mesi, ciascuno se ne va a dormire, consapevole di trovarsi a vivere una delle fasi più difficili della storia recente. A farla da padrone sono: la risalita della curva dei contagi, l’obbligo di rispettare regole prudenziali, la crisi economica, le peripezie delle istituzioni scolastiche per garantire la ripartenza delle attività formative, l’emergenza acqua, i singhiozzi nelle attività di raccolta dei rifiuti, insomma, il latente disagio psico-fisico di tanti, piccoli e grandi.
In questi tempi tormentati, la violenza proprio non ci sta, gli atti intimidatori non si tollerano affatto e non si tollerano indipendentemente da tutto ciò che nel frattempo accade.
Pare che gli assalti incendiari stiano colpendo persone e famiglie da tempo bersaglio di minacce ed aggressioni. All’alba, dopo le difficili ore notturne turbate dalla paura del fuoco e dell’esplosione, ci si affaccia dai balconi e si tira un sospiro di sollievo, specie quando si avvista la volante dei carabinieri, ferma lì a vigilare, a presidiare e ad accelerare le operazioni di sgombero delle carcasse di auto andate in fumo, le quali, inevitabilmente, fanno pensare alla storia di chi le possedeva e le utilizzava nel quotidiano via vai cittadino.
Questa volta non si può voltare pagina. Questa volta non si può commettere l’errore commesso qualche mese fa: l’indifferenza.
C’è chi aveva fortemente denunciato l’escalation di fatti violenti e c’è chi continua a combattere il silenzio attorno a situazioni che non possono diventare tratti caratterizzanti della nostra città o connotati fisionomici di un territorio più vasto, chiamato, invece, a voltare pagina rispetto al tempo dell’accettazione e dell’assuefazione al ricatto.
La diocesi, la politica, la magistratura, le forze dell’ordine non mancano di interagire, di dialogare e sollecitare interventi seri, fondati sulla prevenzione, sulla sicurezza, sul sostegno alle famiglie in difficoltà, sulla tutela dei soggetti maggiormente esposti al pericolo di minacce gravi alla persona e al patrimonio.
E allora? Chi deve sentirsi chiamato in causa in questa delicata fase di instabilità sociale?
Ruolo decisivo ha colui che svolge il compito di educare e formare. E poi, di là dall’impegno in prima linea della magistratura, non può di certo rimanere alla finestra chi, ad altro titolo, opera nel mondo del diritto. Coloro che, per propria impostazione professionale e per vocazione culturale, sono chiamati ad incentivare l’applicazione delle regole giuridiche ed il rispetto dei principi etici non possono rimanere ancorati all’astrattezza di un ruolo, di una funzione fuori dal contesto e dalla storia. È tempo di covid, è vero, ma presto le scuole e le carceri devono aprire, secondo modalità nuove, le porte all’insegnamento della cittadinanza attiva, quale partecipazione consapevole alla vita sociale e quale pieno inserimento nella rete di diritti e doveri che sono costitutivi della condizione di membri di una comunità.
Non serve continuare a chiedersi come le professioni possano incidere sulla politica e sul sociale; serve, semmai, che l’avvocato, il notaio, il docente, il funzionario amministrativo diventino veicoli di messaggi di legalità, incarnando con la propria vita la legalità. Attraverso l’opera di divulgazione ed attuazione del “buon diritto”, serve che la questione morale, intesa come effettivo rispetto della dignità della vita di ciascun uomo e quindi come superiorità di questo valore rispetto a qualsiasi ragione politica dell’organizzazione della vita in comune, sia riportata al centro del dibattito giuridico. La giustizia e la funzione del giurista sono disfatte quando la società si consolida sul silenzio, sul disinteresse, sul particolarismo, sui favoritismi, sul tentativo di lucrare ad ogni costo, sull’estorsione, sulla corruzione, sul sistema della spartizione senza rispetto per il merito e per le competenze dei singoli.
La scarsa serietà spesso dedicata alla formazione etica del giurista, la disinvoltura decadente che circonda l’esercizio di molte attività e la perdita di credibilità delle istituzioni contribuiscono alla inefficienza sociale, inondando quelle poche isole felici basate sulla dedizione ed il sacrificio.
È il momento di dimostrare ai nostri giovani che il riscatto e la possibilità di miglioramento delle condizioni di vita passano ineluttabilmente attraverso i sentieri accidentati della rinuncia, dello studio
instancabile, della promozione della cultura e del contrasto all’arroganza e alla mentalità del “tutto e subito”.
La sconfitta del diritto e del ruolo di coloro che devono interpretarlo ed applicarlo, dunque, sarà evitabile soltanto se anche la classe dei giuristi saprà essere all’altezza di un compito nuovo e rifondativo, nei metodi e nei contenuti, oltre che nello stile, dovendo essa riscoprire le ragioni di un impegno e di una responsabilità verso se stessa, verso i soggetti più deboli e, in special modo, verso le nuove generazioni (Comunicato stampa).
Anna Lasso
Presidente UGCI

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