di MATTEO LAURIA
Che dire, gli affari sono affari, e quando ci sono interessi in ballo si è subito pronti a mollare un’idea per sposarne altra. Sono i soliti “marchettari” che, aspetto curioso, in forma privata sono disapprovati da tutti, ma paradossalmente vengono legittimati dagli stessi. Sono le contraddizioni di un tessuto sociale che ormai ha perso la bussola della ragione.
Tuttavia, bisogna stare attenti, questa volta in gioco c’è il futuro del territorio, e non sarà concesso a nessuno organizzare “manfrine” con le solite strategie che puzzano di passato.
Le furberie spicciole occorre archiviarle.
Uno dei motivi per i quali a Corigliano si registrano determinate resistenze culturali nel sostenere il progetto di fusione è perché una storica classe dirigente rossanese si è posta con “furbizia” in relazione con la città di Corigliano. Sono pezzi di verità che appartengono alla storia e che non possono essere cancellati. Sbaglia, ovviamente, chi continua a vivere di passato ancorandosi a vecchie logiche e attribuendo responsabilità alle successive generazioni rossanesi.
Chiarito ciò, c’è chi forse non ha imparato la lezione. Né dimostra consapevolezza circa le ragioni che sottendono a quelle sacche di pregiudizio pur esistenti. La via maestra è, oggi più che mai, lavorare a carte scoperte. È tempo di trasparenza. Basta con le fughe in avanti, con la cultura tipica dei “furbetti” di quartiere che, in verità, oggi ha raggiunto punte di insopportabile radicale fastidio.
Spuntano come funghi, così, da un momento altro, organizzazioni parallele che si propongono di supportare progetti pro fusione e di coltivare rapporti con le università. Attività che potrebbero essere svolte benissimo dal già esistente Comitato delle Cento Associazioni, che, al suo interno, annovera professionalità locali in grado di gestire programmi e progetti. Invece, come al solito, s’inventano organismi ad espressione solo di una minima parte del comitato. Un atteggiamento mal visto dagli esclusi, non solo per i metodi adottati, ma soprattutto per il fatto che ogni qualvolta si tratta di programmare il nostro territorio, si ritiene necessario dover ricorrere a forze esterne.
Come se nell’area urbana non vi fossero professionisti capaci di promuovere iniziative di programmazione urbanistica e non solo. Quasi fossero degli interdetti, senza né arte né parte.
Questa mentalità di totale disistima delle professioni nostrane produce danni anche sul piano economico. Neanche il passato è servito a qualcosa: quante parcelle sono state destinate ai soloni del sapere pescati da chissà quali università per poi ritrovarsi puntualmente ai punti di partenza? A farne le spese: architetti, ingegneri, avvocati, medici, biologi e tutta la vasta gamma delle professionalità presa costantemente a schiaffi da una classe dirigente che, talvolta, si lascia incantare da veri e propri papaveri dell’immagine, tal’altra, da interessi di basso profilo. Il danno lo tocchi con mano: professionisti del posto che a stento riescono ad andare avanti o che addirittura sono costretti a lasciare la propria terra.
È tempo di cambiare rotta. Dietro un professionista c’è un titolo di laurea, conseguito con sacrificio non solo intellettuale ma anche economico. Ci sono professionisti a Corigliano come a Rossano e in tutto il comprensorio che non hanno nulla da invidiare a soggetti esterni. Importanti si rivelano i pareri, i confronti con le altre realtà, ma il territorio lo disegna chi lo conosce e chi lo vive. Non certo soggetti terzi. Se qualcuno si è messo in testa di concepire la solita vetusta cabina di regia, attraverso il solito parlamentare europeo, unitamente a una neo “cricca” nascente di pseudo benpensanti, a costoro va detto che i tempi sono cambiati. E che il rischio di determinare malumori, a causa di dinamiche poco chiare, potrebbe tradursi in una nuova ondata antifusione. Che, in vista del referendum, potrebbe essere deleteria.
Con umiltà, si faccia qualche passo indietro e, se proprio il concepimento di organismi per la gestione di eventuali fondi verrà ritenuto indispensabile, si abbia almeno la cura di coinvolgere i soggetti in campo, seguendo criteri giusti che abbiano rispetto di tutti. In particolare, di coriglianesi e rossanesi.