di SERAFINO CARUSO
È stato utilizzato nella sua azione estrinseca lo strumento della “satira” e, in quanto tale, è ammessa ogni tipo di licenza, ivi inclusa la volgarità. Basta un minimo di conoscenza di autorevoli vignettisti a livello nazionale e/o internazionale per rendersi conto delle cose di cui stiamo parlando.
La critica è legittima, è accettabile che possa non essere di gradimento per uno o più lettori: ci sta!
D’altronde, non tutte le ciambelle riescono con il buco, né si può pretendere di essere al centro del mondo e tutto ciò che si elabora necessariamente deve essere ben accetto a tutti i lettori, verso cui nutriamo il massimo rispetto. Checché ne dica qualche sciocco detrattore.
Detto ciò, non consentiamo a nessuno, men che meno a soggetti altamente discutibili sul piano della credibilità, di offendere l’esercizio della professione e delle persone che compongono il corpo redazionale. Questo, sì, di pessimo gusto!
La vignetta che desta così tanto scandalo è di carattere generico e, attraverso l’utilizzo di un linguaggio comunicativo previsto da una satira che in quanto tale non necessita di censure, non individua soggetti specifici. Contrariamente a quanto i soliti dalla facile doppia morale si permettono di affermare attaccando il giornale. La vera vergogna è per chi non insorge per circostanze ben più gravi, altro che una vignetta!
In questo attacco, leggiamo un pretesto dei pirati del sapere, animato da un pregiudizio, frutto di personalismi. È ‒ la nostra ‒ la città delle lettere anonime, modalità ‒ questa sì ‒ frutto di decadimento sociale e culturale, atto vile perché posto in essere da soggetti che non hanno il coraggio di esporsi e che usano la meschinità pur di colpire. Gesti che rischiano di distruggere la reputazione di persone, di mettere a repentaglio intere famiglie, di distruggere la vita di singoli. Una tipologia di reato difficile da perseguire anche penalmente. Quasi da rivelarsi inutili finanche le denunce presso l’autorità giudiziaria. E non certo per difetti investigativi, ma perché in assenza di prove è impossibile risalire ai responsabili. Fatti gravi, riportati dai giornali, con tanto di titoli a caratteri cubitali.
E, nonostante tutto, continuano a regnare l’indifferenza, l’inettitudine, l’ignavia.
Nessun sussulto, nessuna forma di indignazione. Però poi s’insorge di fronte alla pubblicazione di una “vignetta”.
Atteggiamenti miserevoli che confermano, ancora una volta, quanto sia ampia la fascia sociale bigotta e ipocrita. Ci si dimentica che ognuno di noi è un potenziale destinatario di invettive. Per comprenderlo davvero il fenomeno, forse, è necessario viverlo, diventare vittime di certe situazioni…