A Rossano l’11 novembre si dice “A San Martino ogni mosto diventa vino”, legando così in modo indissolubile tale festa col rito dell’apertura delle botti con il vino nuovo.
Ci fu un tempo in cui la sera di San Martino si andava per osterie per individuare quella che aveva spillato il vino migliore e a Rossano si potevano contare più di 50 osterie, quindi c’era tanta “materia prima” utile per approfondire la ricerca. Poi una volta entrati nell’osteria bisognava adeguarsi alla particolare ritualità che vi regnava e partecipare all’inevitabile discussione sui pregi e difetti di quanto assaggiato. Comunque mai come in questa occasione il vino diventava il sovrano della serata di festa.
Il vino, che ha una storia antica quanto il mondo, nell’XI secolo venne elogiato con un libriccino, “Encomio del vino”, scritto da Michele Psello, filosofo, storico e scrittore bizantino. Psello ricorda che tracce del vino si trovano nella Bibbia e nelle opere di Omero e che questa bevanda fu il primo dono divino fatto agli uomini subito dopo il diluvio universale. Inoltre, fa bene sia al corpo che allo spirito. A leggere questo encomio, scritto mille anni fa, si resta affascinati ancora oggi e pertanto in previsione della festa di San Martino si è deciso di riproporlo in sintesi, rielaborando la versione fatta nel 1965 dall’accademico Antonio Garzya, filologo e bizantinista, già professore di filologia bizantina e letteratura greca all’Università Federico II di Napoli.
Encomio del Vino di Michele Psello
1. Il vino è superato in utilità solo dal pane; eppure anche su questo prevale, in quanto è il solo che ci differenzi dagli animali che mangiano il pane ma non bevono il vino.
2. Il vino fu il primo dono fatto all’uomo dopo il diluvio universale. Non venne creato prima in quanto gli uomini che vivevano prima del diluvio, essendo malvagi, non ne erano degni. Per il vino furono venerati in Grecia Dionisio e presso i Cristiani Noè. Quest’ultimo deve la sua celebrità all’invenzione della vite, non meno che al fatto che gli fu affidata l’arca. Noè è superiore anche ad Adamo perché la sua pianta si è dimostrata giovevole e vivificante, mentre quella di Adamo lo ha portato alla perdizione.
3. Non servono molte parole e tanti discorsi per dire bene del vino, basta l’evidenza dei sensi.
4. Il vino è buono in ogni situazione: alle persone di buon umore intensifica l’allegria, aiuta chi è in salute a conservarsi, consola i depressi e cura gli ammalati. Infatti nella saggezza dell’Ecclesiaste sta scritto di dare il vino alle persone tristi.
5. Il vino è il naturale compagno dell’uomo in pace e in guerra. Ciò che il sale è rispetto al cibo, il vino lo è rispetto a tutti gli alimenti.
6. Senza il vino non si fanno feste nuziali, né banchetti, né conviti, né divertimenti, né svaghi. Il vino rallegra gli animi, incita alla gratitudine, spinge al canto, genera commozione.
7. Il vino rianima e incoraggia. Ne danno prova, da un lato il vecchio Nestore e Odisseo, dall’altro Ettore, il quale non sarebbe caduto in battaglia se non avesse rifiutato il vino che gli si offriva. Sulla bontà del vino concordano tutte le persone ragionevoli. Se altri preferiscono l’acqua, non occorre crucciarsi, né replicare. Sono solo persone in conflitto con l’evidenza e secondo Aristotile hanno scelto di vivere come le bestie.
8. Deplorevole è l’ubriachezza, ma non per questo lo è il vino. Altrimenti lo sarebbe anche il fuoco, poiché brucia chi troppo gli si avvicina. Si pensi alla dottrina degli Stoici al riguardo e si ricordi che l’ottimo in tutto è dato dalla misura, che consiste nell’evitare ogni eccesso.
9. L’eccellenza del vino per i suoi benefici effetti sull’organismo è provata dal fatto che esso, contrariamente a quanto accade di solito, soddisfa non uno soltanto dei sensi, ma due, l’olfatto e il gusto, non meno importanti della vista.
10. Il vino eccelle anche perché, insieme col pane, entra nella sacra liturgia.
11. L’aggiungersi il pane al vino nella consacrazione nulla toglie al vino, il quale è essenziale come l’anima al corpo. I pagani peraltro libavano solo col vino.
12. Quanto al profumo, esso supera tutte le essenze più intense, dall’incenso all’ambrosia al nettare al loto, celebrate dagli antichi greci.
13. A che servono i denti che si frappongono all’atto del bere e non lasciano scendere appieno quel dolcissimo?
14. In conclusione: ogni più alta lode merita il vino, e non tanto per ciò che ne dicono gli Epicurei quanto perché, cosa molto più alta, nel sacrificio della messa esso simboleggia il sangue di Cristo.
Un antico detto rossanese recita: “Quanti vin mi viv tant penseri mi cacci e ra capa e su u dottori ricia ca su troppi, meghi u vin ca u sciruppo” (traduzione: Per quanto vino bevo, tanti pensieri mi levo dalla testa e se il medico dice che sono troppi, gli rispondo meglio il vino che lo sciroppo).
PS. Il testo “Encomio del vino” è stato liberamente elaborato avendo come base il lavoro di Antonio Garzya, “Un encomio inedito del vino di Michele Spello”. in Byzantion, Revue internationale des études Byzantines, 1965 Vol. 2, pp. 418-428.
(Elenco delle osterie presenti un tempo a Rossano:
(vedasi l’articolo “Le cantine di Rossano e i loro riti” su
Martino A. Rizzo
I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C
Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a
Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica
sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato
il romanzo Le tentazioni della
politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri
del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito
anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione
dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,
Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,
Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.
Da fotografo dilettante cerca di cogliere
con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio
e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie
su Rossano Se chiudo gli occhi.