ALBANI DI NARDODIPACE (VIBO VELENTIA). Ci troviamo ad Albani, una frazione di Nardodipace, piccolo comune di di 1 069 abitanti della provincia di Vibo Valentia, situato al margine sud-orientale delle Serre calabresi.
Il comune è stato totalmente isolato sia in entrata che in uscita; le strade erano impercorribili per via degli alberi caduti e muri di neve; assente per lungo tempo anche l’energia elettrica in quanto gli operai Enel non disponevano dei mezzi idonei per poter raggiungere i luoghi e ripristinarla.
In questa sfortunata situazione un paziente emodialitico non è riuscito a raggiungere l’Ospedale di Serra San Bruno, il più ”vicino” (distante ’45 minuti) ad offrire tale cura, che, doveva essergli erogata il 9 mattina. Ha rischiato di perdere la vita.
La famiglia ha allertato il reparto di Dialisi e il sindaco di Nardodipace che, coadiuvato da quello di Serra San Bruno è riuscito ad ottenere un adeguato mezzo della Protezione Civile. Il paziente ha raggiunto l’ospedale soltanto il giorno dopo, grazie anche alla rimozione della neve con mezzi propri del Comune di Nardodipace e al lavoro degli operatori di Calabria Verde. Nonostante la sospensione della dialisi, l’uomo sta bene, adesso. Al ritorno è stato portato da due volontari a Mongiana (dove risiedono alcuni parenti) per trascorrere la notte e recarsi nuovamente in ospedale il giorno seguente.
I disagi non hanno riguardato solo lui. Altri 3 dializzati residenti in frazioni diverse sono stati accompagnati da dipendenti comunali. Molte istituzioni e privati hanno fronteggiato l’emergenza che – da quanto dichiara anche il Sindaco di Nardodipace, Antonio De Masi – è stata senza precedenti.
La neve in questi posti non desta meraviglia ma paura. Anche in sua assenza le criticità sono all’ordine del giorno. Il 61enne in questione esegue l’emodialisi 3 volte a settimana. Affetto da diabete – con rischio amputazione del piede – e da altre patologie, è costretto – quando non può farlo la figlia studentessa – a guidare da Albani a Serra San Bruno, perché l’Asp non ha fornito il trasporto sanitario ordinario.
La figlia dichiara: «Abbiamo richiesto tale servizio ma ci è stato detto che non ci sono autisti né mezzi. Non c’è alcuna assistenza. L’Asp ci ha comunicato che per ovviare a tale mancanza ci spetta un compenso economico che non abbiamo mai percepito. E mio padre fa dialisi da un anno e due mesi».
Come se non bastasse, l’Ospedale di Serra San Bruno – che ricordiamo distante ’45 minuti da Albani – rischia la chiusura. L’11 febbraio c’è stata una ”marcia per i diritti” in difesa del suddetto, a cui fanno riferimento tutti i comuni limitrofi e le comunità delle Serre. Inoltre, nel comune di Nardodipace non è presente guardia medica da agosto 2022.
E’ chiaro che ci sono molteplici responsabilità sebbene questa volta si sia scongiurata la tragedia. C’è l’Asp di Vibo Valentia che dovrebbe garantire servizio assistenziale, il Comune – nonostante la buona volontà e la vicinanza umana sottolineata dalla stessa figlia del paziente – e la Regione che dovrebbero occuparsi di garantire sicurezza e viabilità delle strade, consapevoli della conformazione di tali territori. C’è uno Stato assente. E c’è una parte di politica – addirittura sostenuta da Calabresi – che sta spingendo per l’Autonomia differenziata.
Noi calabresi dobbiamo arrabbiarci, protestare, scegliere bene in cabina elettorale. E non è poco. In Calabria non c’è normalità. E’ tutto assurdo e solo quando si va fuori e poi si rientra ci si rende conto di ciò. Perché l’uomo si abitua. Si abitua a barattare un diritto rinunciando ad un altro, si abitua ad arrangiarsi, ammalato e fragile, tornando a casa da solo dopo ore di dialisi o chemio.
L’uomo – o meglio, il meridionale – si abitua a morire piano piano dentro, pur di sopravvivere. Dopo – inevitabilmente – giunge alla morte completa. Non dobbiamo abituarci. Queste insane e indignitose dinamiche vanno sabotate, sradicate. Bisogna far capire che una vita in Calabria vale quanto una in Piemonte. Ma per primi dobbiamo crederci noi. Oggi la solidarietà ha battuto la neve e la disorganizzazione. Domani la solidarietà potrebbe non bastare. Il sistema deve funzionare.
Virginia Diaco