“Con il decreto ci sembra che si scelga di percorrere una strada tutta a danno del cittadino, soprattutto se economicamente debole”. Lo si legge in una nota stampa diffusa oggi, 2 febbraio, da Alberto Laise del coordinamento provinciale SEL relativamente agli effetti del decreto Lorenzin che, in questi ultimi giorni, rende tra le altre cose decisamente più stringenti i termini con cui si possono prescrivere le prestazioni mediche (esami specialistici, analisi ecc.)
“Il decreto cancella l’idea della prevenzione e rende conflittuale anche il rapporto tra medico e paziente. Come dovrà comportarsi il medico di fronte ad una madre preoccupata per il pianto di un bimbo? Dovrà far prevalere i freddi criteri medici previsti dal decreto? Ed allora niente esami se non vi è una patologia ovvero se non vi è il “forte sospetto” che vi sia? Appare chiaro che siamo dinanzi alla prima sperequazione tra classi sociali: ci sarà chi potrà e chi non potrà accollarsi il costo delle prestazioni. E cosa accadrà quando ci sarà una mancata diagnosi per patologie che altrimenti avrebbero potuto avere cure tempestive? Ed ancora: può essere eticamente accettabile che una prestazione TAC sia prescrivibile dopo “dolori prolungati nel tempo” (almeno un mese)? Può essere condivisibile l’idea che un esame per il colesterolo debba essere prescritto – se non vi è la patologia ovvero se non vi è “uno stile di vita che lo rende possibile” – ogni cinque anni? E chi stabilisce questo “stile di vita”? In tutto questo, quale diventa il ruolo del medico? Un esattore delle tasse? Inoltre, ad oggi, ci risulta che dalle Asp nessuna riunione sia stata convocata per informare i medici su come applicare il decreto: ancora una volta, l’ennesima, viene a mancare il lavoro di coordinamento sul territorio e si dimostra lo stato di caos che la gestione Scura ha prodotto.
Questo è l’ennesimo fallimento della sanità federata. La forbice tra le regioni ricche e quelle povere si è allargata, i debiti sono aumentati e le sacche di inefficienza sono aumentate a dismisura. In compenso la politica continua ad utilizzare la sanità come serbatoio di voti.
In tutto questo, quindi, appare quasi superfluo parlare d’ospedale unico, di buona sanità se poi non si parte dalla prevenzione.
Vorremmo sperare che la politica, le istituzioni, le associazioni ed i sindacati di categoria affrontino la questione urgentemente costringendo il Governo a rivedere il decreto in termini più logici ed umani. Ed in particolare vorremmo invitare il Presidente Oliverio a ragionare su una possibile opposizione al decreto, come sembra stia per fare la Regione Toscana e come stanno facendo le numerose associazioni di categoria. Auspichiamo che al più presto si possa parlare del fallimento del sistema regionale della sanità e si capisca che non può rientrare nei rigidi parametri di spesa dello Stato imposti dall’Europa”.