La discussione, a distanza di dieci anni e con un referendum che ha espresso in modo chiaro le indicazioni degli italiani, non ha fatto alcun passo avanti nel nostro paese e nella nostra città. Nei beni comuni, che non devono essere per forza materiali ed economici, ricadono tutti quei servizi da offrire alla collettività ma che rischiano di avere una gestione sempre di più privatistica a scopo di utile e non per il benessere dei cittadini. I beni comuni appartengono a tutti, non possono essere a vantaggio di pochi.
A dicembre scorso, l’acqua è entrata nelle quotazioni di borsa di Wall Street, aprendo alla possibilità di fare speculazione finanziaria su un diritto universale, ridotto a merce, diritto che anche nella nostra città stenta ad essere garantito considerato che in troppi quartieri, per ore o per giorni, non arriva acqua potabile, comportando un costo aggiuntivo per le famiglie.
La salvaguardia dell’ambiente attraverso servizi adeguati, la fruizione di piazze e giardini pubblici, devono rappresentare l’azione, mai fino in fondo realizzata dall’istituzione pubblica, al servizio della comunità attraverso la partecipazione alle scelte dei comitati di quartiere, delle associazioni di volontariato che sempre più frequentemente si sostituiscono alle istituzioni.
La conoscenza del grande patrimonio culturale del nostro centro storico deve essere messa a disposizione della comunità, iniziando dai giovani e col coinvolgimento delle scuole.
Il diritto universale alle cure ed alla salute non può essere monetizzato ma deve rappresentare il primario obiettivo per una comunità civile e non può essere delegato alla generosità di associazioni di volontariato o ai singoli cittadini o professionisti, ma si deve creare un sistema pubblico che dia risposte alle richieste di esigibilità del diritto alla salute da parte dei cittadini. E il bene comune più grande al servizio dei cittadini deve essere rappresentato dalla creazione di una comunità, di una idea solidale, fra periferie e centro, attraverso il superamento delle barriere urbane e dando sfogo ad un pensiero critico e costruttivo.
La città di Cosenza e la sua area urbana sono il bene comune più grande della nostra comunità ma troppo spesso vissute con torpore dal quale, però, urge svegliarsi per ritrovare il piacere del confronto e dell’inclusione, da coltivare con costanza e non solo a ridosso di una campagna elettorale.
Comunicato Stampa di Umberto Calabrone, Segretario Generale CGIL Cosenza