Il disordine contabile è il tratto che accomuna quasi tutte le aziende sanitarie calabresi. Milioni di euro drenati in doppi pagamenti, spesso nemmeno dovuti, e da interessi legali e moratori montati anche e soprattutto a causa della mancata opposizione in giudizio da parte degli uffici legali degli enti del servizio sanitario.
61 milioni andati in fumo
Così sono stati inghiottiti in un buco nero e fatti sparire svariati milioni di euro, 61 per l’esattezza, se si sommano gli importi dei danni erariali sfociati in un invito a dedurre o in una citazione in giudizio promossi dalla Procura della Corte dei Conti. Dieci in tutto i procedimenti più rilevanti affrontati dai magistrati contabili nel corso del 2021 e finiti nella relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario.
Sullo sfondo una “mala gestio” amministrativa che offre spazi di manovra a chi lucra in spericolate operazioni di cessione dei crediti o in reiterate azioni esecutive che comportano significativi danni economici alle casse delle aziende, costrette spesso a pagare importi non dovuti anche più d’una volta. E il fenomeno sembra assai diffuso nell’Asp di Reggio Calabria che da sola colleziona un danno erariale del valore di di quasi 40 milioni di euro (39.827.000, per l’esattezza).
La fetta più grossa all’Asp di Reggio
Cinque in tutto i procedimenti in corso o già arrivati a sentenza per danno erariale. Quello più rilevante ammonta a 21 milioni e mezzo, la Procura della Corte dei Conti ha citato in giudizi i dirigenti dell’ufficio legale e dell’ufficio finanziario dell’Asp di Reggio Calabria accusati di ritardati pagamenti nei confronti dei fornitori, i quali hanno avviato decreti ingiuntivi ai quali nessuno degli uffici amministrativi si è mai opposto «fino alla nomina del commissario ad acta designato dal Tar in sede di giudizio di ottemperanza».
Una valanga di milioni per spese legali e interessi moratori: «Il nucleo di polizia economica e finanziaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria aveva accertato che sistematicamente, nel corso degli anni, l’Asp di Reggio Calabria, dapprima non si è costituita nei giudizi di opposizione ai decreti ingiuntivi promossi dai vari creditori e, successivamente, non ha proceduto al pagamento dei relativi titoli divenuti esecutivi e passati in giudicato. Questo modus operandi ha determinato un aggravio per le finanze dell’azienda per il pagamento di interessi di rivalutazione monetaria maturati dopo la notifica del titolo e ulteriori spese dopo il giudizio di ottemperanza dinanzi al Tar e la nomina del commissario ad acta». Il risultato è un danno di 21 milioni e 505mila euro.
I privati accreditati
Nelle ipotesi di danno erariale però ci finiscono anche le cliniche private accreditate. Sempre all’Asp di Reggio Calabria in 13 sono stati invitati dalla Procura della Corte dei Conti a presentare le proprie deduzioni in ordine a duplici pagamenti nei confronti di una struttura accreditata. L’azienda sanitaria ha provato a stipulare una transazione di oltre 7 milioni di euro, 4 già pagati ma non dovuti. Nei guai a Cosenza anche una società accreditata che ha ceduto un credito extrabudget del valore di 1 milione e 113mila euro che però l’Asp aveva disconosciuto e rifiutato la cessione. «L’azienda sanitaria ha ugualmente dovuto pagare in esecuzione dell’ordinanza di assegnazione del giudice dell’esecuzione».
Gestione allegra delle indennità
Un danno di oltre 15 milioni e mezzo per la “gestione allegra” delle indennità è stato poi contestato a 8 dirigenti dell’Asp di Reggio Calabria per l’ipotesi di percezione indebita delle indennità di risultato e della produttività da parte del personale dirigenziale e di comparto. E, infine, transazioni capestro che hanno comportato un danno di 3 milioni e mezzo all’Asp di Cosenza.
L’accordo capestro
L’accordo prevedeva la riduzione degli interessi da corrispondere attraverso il pagamento di quattro rate per un totale di 47 milioni di euro, con la clausola che «anche il ritardato pagamento di una sola rata avrebbe comportato la risoluzione». Ed è quel che è avvenuto. «A causa del mancato pagamento di una sola rata – e dopo che era stato pagato il 97% dell’importo dovuto – il contratto è stato risolto e l’Asp costretta a pagare 3 milioni e mezzo in più». Citati in giudizio il dirigente dell’area legale, i dirigenti generali e il dirigente amministrativo.
di Luana Costa FONTE LACNEWS24