C’è un silenzio che fa più rumore di mille parole. È quello attorno alla morte di Saverio Caracciolo, cinque mesi appena, spentosi in un venerdì pomeriggio all’ospedale dell’Annunziata di Cosenza, dopo ore di agonia e di passaggi tra i reparti di due ospedali: il “Nicola Giannettasio” e il “Guido Compagna” di Corigliano-Rossano. Una corsa che non è bastata. Un’attesa che, secondo chi indaga, avrebbe potuto costare la vita. Sono sei le persone finite sotto inchiesta: tra medici e operatori sanitari. Tutti indagati per omicidio colposo. L’accusa è pesante, ma il reato ipotizzato resta per ora una cornice, un atto dovuto in vista dell’autopsia eseguita ieri nell’obitorio dell’ospedale di Cosenza. Il sostituto procuratore Antonio Bruno Tridico, che coordina l’indagine, ha voluto andare fino in fondo. Troppe le incongruenze, troppo lungo – forse – il tempo passato in attesa di cure.
Grave disidratazione. Questa la prima, cruda, realtà clinica emersa. I consulenti nominati dalla Procura hanno preferito riservarsi. Serviranno analisi più approfondite, istologiche e tossicologiche. I risultati definitivi arriveranno solo alla fine del mese. La relazione tecnica completa, invece, richiederà 90 giorni. Il magistrato ha già disposto l’acquisizione delle cartelle cliniche e della documentazione sanitaria. Il cuore dell’indagine, infatti, ruota attorno a una domanda precisa: la condotta della pratica medica è stata corretta? Il piccolo Saverio è stato davvero preso in carico con la giusta urgenza? O qualcosa si è inceppato tra la diagnosi e l’azione, tra il sospetto e l’intervento? Focus particolare sull’ospedale di Corigliano dove si sarebbe concentrato il maggior ritardo. Tutto parte da una denuncia. Quella dei genitori, Giuseppe Caracciolo ed Ester De Luca, una giovane coppia di Rossano che adesso cerca risposte, strette dalla voce rotta e dalla guida legale dell’avvocato Ettore Zagarese. Hanno scelto il dottor Maurizio Chimenz come consulente di parte, che ieri ha presenziato all’autopsia accanto agli altri periti. Cosa è successo tra quei corridoi d’emergenza e le stanze piene di codici rossi? Un neonato di cinque mesi non dovrebbe morire così. Non in un paese che si dice civile, non in una regione che continua a perdere pezzi di sanità pubblica. Le ore passano, gli avvisi di garanzia vengono notificati, ma le risposte restano sospese. Nel frattempo, la città osserva. Non commenta, non reagisce. Forse è stanca, forse è abituata. Ma un bimbo non dovrebbe finire in cronaca. Un bimbo dovrebbe restare tra le culle e i sogni. E invece adesso è un fascicolo aperto su un tavolo della Procura. Un altro nome da scrivere tra le vittime dell’attesa.
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