Baker Hughes, Menin: «Basta bugie sul porto di Schiavonea»

editoriale

CORIGLIANO ROSSANO – E’ in corso da vari giorni una campagna di stampa bene orchestrata da seguaci della destra o anche da singoli politici che sfruttano il bisogno di lavoro per raccontare favole sull’investimento Baker Hughes nel porto di Schiavonea. Chiunque, siano i sindacati, siano consiglieri comunali, siano partiti politici, dice che la B.H. ha promesso 200 posti di lavoro a Schiavonea dice una MENZOGNA. Questa azienda ha sempre detto che intende promuovere col suo progetto l’occupazione in Calabria di 200 persone, ma non a Schiavonea. Nel progetto ufficiale che la Baker Hughes ha presentato all’autorità portuale di Gioia Tauro per il porto di Schiavonea , ci sta scritto: “ I servizi( igienici e di spogliatoio) risultano quindi adeguati per una presenza fino a 60 persone (30 donne e 30 uomini)” PG. 15 Relazione generale illustrativa Progetto Baker Hughes per il porto di Schiavonea..

Dove sono i 200 posti di lavoro a Schiavonea? Allora chi è legittimamente favorevole a questo investimento, e vorrebbe svendere il porto a una multinazionale per 30 anni deve dire la verità e non servirsi di affermazioni campate in aria. Leggete il progetto, anziché raccontare favole e rendetevi conto di persona.

Il ragionamento che invece occorre fare è sulle potenzialità di questo porto nei prossimi trenta anni. Se le istituzioni fanno il loro dovere e cioè se l’autorità portuale di Gioia Tauro si decide a fare un piano d’area e un piano regolatore del porto ( che oggi non ci sono) prevedendo uno sbocco portuale e di infrastrutture per trasporto di merci agricole, commerciali banchine da diporto e turismo oltrechè un buon cantiere
navale, i posti di lavoro che uscirebbero fuori non sono né 60, né 200 ma almeno il triplo dei duecento, a voler essere cauti tra posti fissi nei servizi portuali e indotto. E allora perché dobbiamo svendere la migliore infrastruttura di trasporto che abbiamo sul territorio già pronta, ma è priva degli strumenti amministrativi e tecnici per mancanza di volontà politica e amministrativa?

Il cantiere B.H. è il solito investimento di una multinazionale proposto dall’alto, che al sud conosciamo già come la “cattedrale nel deserto” che non produce nulla nell’economia locale. Perche? Perché l’economia locale e anche calabrese è fatta di agricoltura, commercio e turismo, quindi il porto a queste cose dovrebbe servire, non a un’industria venuta dall’America per suoi interessi economici estranei al tessuto calabrese.

A parte quindi le considerazioni generali c’è poi il fatto, come giustamente ha rilevato il sindaco nel ricorso al Presidente della Repubblica, che tutte le procedure amministrative sono state violate nel momento in cui non esiste un piano regolatore del porto aggiornato e si vuole utilizzare la struttura per uso industriale, che non è mai stato programmato da istituzioni locali e regionali, tranne negli ultimi due anni, col consenso del presidente Occhiuto, ma senza basi amministrative, cioè con una pura e semplice forzatura amministrativa a vantaggio di una singola azienda. E’ stato proposto all’azienda di impegnare la sua attività a 300 metri dalle banchine del porto, nel retroporto che è zona industriale e in questo caso nessuno avrebbe nulla da dire, perché le banchine portuali sarebbero lasciate libere per le navi come è giusto che sia. Ma se noi impegniamo le banchine per lo stabilimento di un’industria privata che non porta nessuna nave tranne una chiatta per trasportare la struttura metallica industriale, le navi a Schiavonea quando arriveranno? In pratica Schiavonea perderebbe la possibilità di attracco di navi commerciali o a fine truistico a vantaggio di un’industria privata che non porta commercio di navi, questo è quello che si vuole?

L’azienda Baker Hughes curiosamente, a differenza di quanto fa in Toscana, dove ha collocato questa struttura per turbine eoliche nel retroporto, qua vuole le banchine. Questa pretesa di prendersi la parte migliore del porto per farci un’industria alimenta il sospetto che dietro a questo progetto ci sia ben altro. E cioè ci sia la necessità di trovare uno sbocco per le pale eoliche dei progetti di torri eoliche marine e
terrestri che sono in attesa per mancanza di approdo portuale. Sono quasi un migliaio le torri eoliche alte tra 250 e 300 metri che si vorrebbe costruire sulla terra e sul mare calabrese che oggi non possono essere trasportate via terra, perché troppo ingombranti. La turbina a idrogeno può benissimo essere costruita in una zona industriale, ma le pale eoliche hanno necessità impellente di avere un porto dove essere scaricate
e manutenute, perchè le pale eoliche , lunghe anche 110 metri, sono un blocco unico e non possono essere smontate. Solo così si spiega questa rigidità della Baker Hughes nel volere a tutti i costi le banchine del porto e rifiutare l’offerta della zona industriale adiacente.

In ogni caso Coglianorossano e la Sibaritide tutta davvero vogliono perdere l’unico porto serio che hanno a disposizione per regalarlo a una multinazionale? Non farebbero meglio i politici a impegnarsi per un buon progetto di utilizzo del porto a fianco all’economia del territorio?

Fabio Menin

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