«Adesso la battaglia lascia la sede del confronto istituzionale e diventa anche questione politica nazionale. Sarà una conferenza stampa, in programma per giovedì 6 maggio a Roma, nella sala Caduti di Nassiriya di Palazzo Madama, in Senato, con inizio fissato alle ore 16.30, a segnare il cambio di passo del confronto, sin qui rimasto nei confini della Conferenza Stato-Regioni, sul tema del riparto dei fondi europei per le politiche di sviluppo. L’ipotesi di una revisione dei criteri di ripartizione, con lo stravolgimento dei parametri della storicità della spesa, incontra la nostra ferma opposizione».
È quanto affermano gli assessori all’Agricoltura di Calabria (Gianluca Gallo), Basilicata, Campania, Puglia e Sicilia, cui si è aggiunta anche l’Umbria.
«Siamo impegnati – osservano gli assessori all’Agricoltura del gruppo delle 6 Regioni – a sostenere le ragioni di un passaggio graduale che non intacchi le finalità proprie del Feasr: colmare il divario tra le aree più ricche ed evolute e quelle più povere e marginali. Una posizione espressa da Regioni che, da sole, rappresentano il 60% delle aree italiane interessate dal Psr e che, nelle ultime settimane, ha trovato conforto anche nelle comunicazioni della Commissione Europea. Per mesi, abbiamo tentato di ricercare un punto di equilibrio per garantire il raggiungimento di un accordo realmente unanime ed equo, scevro da penalizzazioni per zone del Paese che non sopporterebbero il peso di nuove discriminazioni che, in parole povere, si tradurrebbero in scippi di risorse essenziali».
«Ci siamo però trovati – spiegano ancora – di fronte a un muro di gomma che è diventato ancor più respingente dopo la presa di posizione del ministero dell’Agricoltura, che sovvertendo la logica e le indicazioni di matrice europea ha deciso sostanzialmente di cancellare principi elementari quanto essenziali, con scelte che non lasciano emergere alcun elemento di analisi globale della totalità dei fondi Pac – I e II pilastro – destinati ai territori, non tenendo conto che il regolamento Ue 2020/2220 ha prorogato per il 2021 ed il 2022 non solo i programmi di sviluppo rurale, ma anche l’attuale regime dei pagamenti del I pilastro della Pac. Da qui la decisione di avviare una mobilitazione che nei giorni scorsi ha già portato ad un incontro col ministero per il Sud, Mara Carfagna, e che adesso sfocerà in una prima presa di contatto con l’opinione pubblica, alla quale illustrare le motivazioni di una iniziativa che va oltre la difesa dello status quo».
«Siamo pronti anche a ragionare su nuovi meccanismi a partire dal 2023 – rilanciano gli assessori di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Umbria – ma non accettiamo colpi di mano tesi a cancellare la fase transitoria del biennio 2021-2022, che condurrebbe ad una forte penalizzazione per regioni svantaggiate che, paradossalmente, sarebbero private proprio dei fondi destinati a garantire il riequilibrio strutturale, a tutto vantaggio di zone già di per sé meglio attrezzate».
Se ne riparlerà giovedì a Roma, presenti gli assessori all’Agricoltura delle 6 Regioni interessate.
«Siamo impegnati – osservano gli assessori all’Agricoltura del gruppo delle 6 Regioni – a sostenere le ragioni di un passaggio graduale che non intacchi le finalità proprie del Feasr: colmare il divario tra le aree più ricche ed evolute e quelle più povere e marginali. Una posizione espressa da Regioni che, da sole, rappresentano il 60% delle aree italiane interessate dal Psr e che, nelle ultime settimane, ha trovato conforto anche nelle comunicazioni della Commissione Europea. Per mesi, abbiamo tentato di ricercare un punto di equilibrio per garantire il raggiungimento di un accordo realmente unanime ed equo, scevro da penalizzazioni per zone del Paese che non sopporterebbero il peso di nuove discriminazioni che, in parole povere, si tradurrebbero in scippi di risorse essenziali».
«Ci siamo però trovati – spiegano ancora – di fronte a un muro di gomma che è diventato ancor più respingente dopo la presa di posizione del ministero dell’Agricoltura, che sovvertendo la logica e le indicazioni di matrice europea ha deciso sostanzialmente di cancellare principi elementari quanto essenziali, con scelte che non lasciano emergere alcun elemento di analisi globale della totalità dei fondi Pac – I e II pilastro – destinati ai territori, non tenendo conto che il regolamento Ue 2020/2220 ha prorogato per il 2021 ed il 2022 non solo i programmi di sviluppo rurale, ma anche l’attuale regime dei pagamenti del I pilastro della Pac. Da qui la decisione di avviare una mobilitazione che nei giorni scorsi ha già portato ad un incontro col ministero per il Sud, Mara Carfagna, e che adesso sfocerà in una prima presa di contatto con l’opinione pubblica, alla quale illustrare le motivazioni di una iniziativa che va oltre la difesa dello status quo».
«Siamo pronti anche a ragionare su nuovi meccanismi a partire dal 2023 – rilanciano gli assessori di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Umbria – ma non accettiamo colpi di mano tesi a cancellare la fase transitoria del biennio 2021-2022, che condurrebbe ad una forte penalizzazione per regioni svantaggiate che, paradossalmente, sarebbero private proprio dei fondi destinati a garantire il riequilibrio strutturale, a tutto vantaggio di zone già di per sé meglio attrezzate».
Se ne riparlerà giovedì a Roma, presenti gli assessori all’Agricoltura delle 6 Regioni interessate.
comunicato stampa