«Persone dotate di poca cultura, per non dire ignoranti, hanno deciso di risolvere il problema del randagismo nei loro quartieri nel modo più atroce e vigliacco possibile, ossia avvelenando i cani che avevano sotto casa». È la cronaca delle ultime settimane a Catanzaro nelle parole di una volontaria, Egle Procopio, da sempre attiva sul territorio. Sono almeno una dozzina infatti i cani ritrovati morti in diversi quartieri della città capoluogo; episodi concentrati in pochi giorni e immediatamente dopo la tragica morte di Simona Cavallaro, la ventenne assalita e uccisa da un branco di cani a guardia di un gregge a Satriano. Stricnina, veleno per topi; così i randagi hanno trovato la morte.
Psicosi
«Non tutti erano randagi – ha chiarito ancora la volontaria -. Sono stati avvelenati anche cani di proprietà di qualcuno che li lascia liberi la notte di passeggiare, una circostanza che non solo aumenta il fenomeno del randagismo ma che in questo caso ha comportato anche la morte». Un fenomeno per la verità già conosciuto ma che nei giorni successivi al tragico evento ha fatto registrare un picco sospinto da una vera psicosi collettiva e dal problema irrisolto del randagismo. Solo dopo la morte della ventenne il sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, ha convocato associazioni e singoli impegnati sul territorio a limitare il fenomeno.
«Ci siamo promessi di collaborare per cercare di trovare una soluzione che sappiamo che non sarà imminente ma con l’intento di riuscire in tempi brevi a ridurre il fenomeno». Le responsabilità sono infatti diffuse: amministrazioni che finora si sono dimostrate sorde incalzate da impegni più urgenti e Asp disarticolate e male organizzate nell’avvio di campagne di sterilizzazione e controllo. «Sono diverse le soluzioni per ridurre il fenomeno del randagismo: innanzitutto il controllo dei cani che abbiamo vaganti sul territorio e, inoltre, anche il controllo dei cani dei privati, degli allevatori e dei pastori. Ora abbiamo avuto purtroppo il caso della povera Simona che è una vittima che pesa sulle spalle di tante persone. I cani da pastore maremmano non nascono per la strada, sono frutto dell’unione dei cani dei pastori che proliferano indefinitamente».
Vendetta personale
Il sangue chiama ancora sangue e qualcuno ha così deciso di farsi vendetta da solo: «Noi oggi siamo tutti toccati da quanto accaduto e molti vedono il cane come un problema ma anche gli animali hanno necessità di essere tutelati. Ora nello specifico questi sono cani con problemi comportamentali e vi è una responsabilità sempre umana. Però tanti cani sono docili, non fanno del male a nessuno, come quelli che girovagavano tra Buda, Piterà, Sant’Elia e Pontegrande e che sono stati vigliaccamente avvelenati, dopo anni che vivevano tranquilli sul territorio, giocavano con i bambini e con i cani del quartiere».
fonte LaCnews24