E… STATE CON STEPHEN KING!
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Stephen Edwin King nasce a Portland, a “sorpresa” dopo l’adozione del fratello di due anni più grande, il 21 settembre 1947, da Donald e da Nellie Ruth Pillsbury. Il padre, marinaio mercantile, è spesso fuori per lavoro e accumula debiti. Quando Stephen ha due anni esce di casa per non farvi più ritorno, lasciandovi però la sua passione per gli horror. Ruth svolge molti lavori, cambiando diverse residenze, e i piccoli sono spesso lasciati a leggere dai parenti. Il primo anno delle elementari, Stephen si ammala di morbillo e streptococco, che gli provocano ripetute infezioni all’orecchio. Traumatiche le incisioni del timpano a cui deve sottoporsi. Durante i mesi di permanenza forzata in casa, completa il primo racconto totalmente inventato da lui, parla di animali con poteri magici guidati da un coniglio bianco. Nel 1960 comincia a inviare i frutti della sua grafomania, collezionando note di rifiuto. Nell’estate del 1969 conosce, nella biblioteca dell’Università, Tabitha Jane Spruce, che sposa nel 1971, lo stesso anno in cui diventa, reduce dai più disparati mestieri, insegnante di Lettere. Dal matrimonio nascono due figli. La famiglia ha problemi economici e King di salute, correlati alla dipendenza da alcool e droghe. Sarà sobrio e “riabilitato” solo alla fine degli anni ’80. Vende racconti a riviste per lettori di sesso maschile e, ormai prossimo alla rinuncia, sostenuto e “spintonato” dalla moglie (ancora oggi suo Primo Critico e Lettore), finalmente nel 1974 sfonda, ottenendo la pubblicazione di “Carrie”. Abbandona il lavoro di insegnante per dedicarsi alla scrittura a tempo pieno. Dal 1981 dà alle stampe un capolavoro dopo l’altro, nonostante le dipendenze e la morte della madre. Nel 1999 è vittima di un incidente stradale, le cui conseguenze richiedono sette operazioni chirurgiche e una lunga convalescenza.
Sul prolifico King è stato detto, anche da sé medesimo, tutto e il contrario di tutto. Non posso aggiungere granché, nella mia precedente vita di lettrice l’ho ignorato. Me ne pento e, soprattutto, me ne vergogno. I pregiudizi sul genere e sul successo commerciale mi hanno tenuta lontana da un corpus letterario che ora voglio recuperare. Quest’estate, russi spostatevi!
L’autore simbolo del Maine fa ridere e piangere spontaneamente a distanza di poche pagine, ti inchioda sulle similitudini, ti costringe a partecipare, ad immedesimarti nel linguaggio (poetico o gergale) e nelle ambientazioni. A volerne ancora, di storie sue, “fossili sepolti” che riporta alla luce mescolando quantità variabili di trasposizione di sé, le abitudini del prossimo gradevoli o meno e l’immaginazione visionaria. Non imbelletta, evita le ridondanze e le accumulazioni, conosce la lingua e ne fa l’uso che richiedono il contesto, fosse anche solo una stanza (“Misery”), i personaggi e la comunità. Un maestro, senza più dubbio alcuno.
Il metamondo kingiano è inesauribile e si può googlare, mi limito a condividere qualcosa di già letto visto e ascoltato o inserito nella wishlist. Comincio con i film imperdibili: “Carrie – Lo sguardo di Satana” di B. De Palma (1976), “Shining” di S. Kubrick (1980), “Christine – La macchina infernale” di J. Carpenter (1983), “La zona morta” di D. Cronenberg (1983), “Stand By Me – Ricordo di un’estate” di R. Reiner (1986), “Misery non deve morire” di R. Reiner (1990), “Le ali della libertà” di F. Darabont (1994), “L’ultima eclissi” di T. Hackford (1995), “Il miglio verde” di F. Darabont (1999), “Secret Window” di D. Koepp (2004). Per le serie cito solo l’interessante esperimento “Castle Rock” (2018), che intreccia tutti i riferimenti che King colloca in questa città fittizia, e l’ultima distribuita in Italia, “22-11-63”, in cui James Franco tenta di prevenire l’omicidio di Kennedy.
Tra i podcast, consiglio il ventesimo episodio di “Morgana” di Michela Murgia, che definiva King “uno degli scrittori più femministi della letteratura moderna”; ospite della puntata la giornalista Loredana Lipperini, kingiana ad honorem.
Per quanto riguarda i libri, ciascuno può andare a spulciare tra cinquant’anni di trame, in una vita costruita sulle parole. Io consiglio “On writing”. Autobiografia di un mestiere”, ho faticato a staccarmi da questa combo “biografia-cassetta degli attrezzi per lo scrittore”. Poi sul comodino, accanto a “Never Flinch” che mi è stato regalato, metterò la raccolta di racconti “Stagioni diverse” (1982), “La lunga marcia” (1985), “Cose preziose” (il patto col diavolo del 1993), “Blaze” (l’omaggio a Steinbeck del 2007) e quella “Divina Commedia del brivido” che è “IT”, con quell’incipit con la barchetta di carta di giornale che trasuda terrore e genialità.
Gemma
N.B.: Questo “mea culpa” lo dovevo all’antitrumpiano King, alla mia collega Ludo, che mi sopporta e sorprende, e ai ragazzi con cui ho letto “Il corpo” nella biblioteca scolastica.
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Che Gemma di libro! ~ ogni domenica su I&CGemma Acri Guido è nata a Cariati e cresciuta a Rossano. Ha poi cambiato casa e paese più volte di quelle in cui si è lasciata tagliare i capelli. |