LE ACCUSE Nello specifico si contestava all’imputato, in concorso con un soggetto minorenne, di essersi impossessato di un’autovettura posteggiata dal proprietario nei pressi della propria abitazione con l’aggravante di aver commesso il fatto su cose esposte per necessità alla pubblica fede e destinate a pubblica utilità, commettendo il grave reato mediante violenza sulle cose, consistite nell’aver forzato la portiera ed il comando di avviamento.
IL PROCESSO DI PRIMO GRADO Con questa accusa, il 30enne era stato processato dinanzi al Tribunale di Castrovillari che, all’esito del giudizio di primo grado, lo aveva dichiarato responsabile del reato ascritto con condanna alla pena di anni tre di reclusione, al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile nonché alle ulteriori spese di costituzione. Nel corso del processo era stata sentita anche la parte offesa che aveva riferito quanto accaduto, dal momento in cui aveva constatato il furto del mezzo fino alla denuncia ai Carabinieri e al successivo rinvenimento dell’auto ribaltata fuori strada, gravemente danneggiata e non marciante. All’interno dell’autovettura erano state rinvenute delle scarpe da ginnastica non appartenenti a nessun familiare della parte offesa. Circostanza, questa, confermata anche dal Maresciallo dei Carabinieri escusso durante il processo, il quale aveva riferito in merito alle indagini svolte. Constatate le condizioni del mezzo e presupponendo un ferimento, le attività degli inquirenti si erano concentrate presso le strutture sanitarie del territorio, accertando che in piena notte due giovani, il 30enne F.E. e un minore, si erano presentati in Pronto Soccorso. Il 30enne, ricoverato d’urgenza per una perforazione polmonare, riferiva al personale medico di essere stato investito da un’autovettura. I sanitari, tuttavia, dichiaravano agli inquirenti che le lesioni riportate non apparivano compatibili con una simile dinamica, ritenendole invece maggiormente compatibili con il ribaltamento di un’autovettura e aggiungendo che, al momento dell’ingresso in ospedale, l’uomo non indossava le scarpe. Il militare aveva inoltre riferito che sul luogo del rinvenimento dell’auto non erano state rilevate tracce riconducibili ad un sinistro recente né alla presenza di un ulteriore veicolo. Nel corso dell’istruttoria erano stati escussi anche un altro militare nonché il medico e l’infermiera in servizio presso il pronto soccorso dell’ospedale di Corigliano Rossano al momento dell’arrivo dell’uomo. Il Tribunale di Castrovillari sulla scorta delle prove raccolte nel corso dell’istruttoria dibattimentale riteneva accertata la penale responsabilità dell’imputato infliggendogli la grave pena di anni tre di reclusione.
IL PROCESSO DI SECONDO GRADO Avverso la sentenza di primo grado è stato presentato ricorso dinanzi alla Corte di Appello di Catanzaro che, all’esito del giudizio di secondo grado, in totale accoglimento delle richieste dell’Avv. Francesco Nicoletti, ha emesso una sentenza di assoluzione nei confronti del 30enne con la formula “per non aver commesso il fatto” (Comunicato stampa).